Non è il solito commento “post ns. martedì”; però, mi corre l’obbligo morale - ma anche il piacere- di condividere con voi tutti l’esperienza gratificante di un altro (almeno per me) incontro con un grande fotografo come Mauro Galligani.
Se nei precedenti incontri ho potuto apprezzare l’eticità del professionista, l’occhio testimone del fotoreporter, l’analisi colta del giornalista inviato in tutto il mondo dalle maggiori testate giornalistiche, domenica sera, mentre scorrevano le preziose immagini da lui raccolte lungo i paralleli e lungo i meridiani del ns. pianeta, mi sono reso conto che ospitavamo in sala, e per i nostri festeggiamenti, il testimone oculare di quel libro di storia contemporanea che ancora non abbiamo né comprato né letto.
Son tornato a casa.
Vedevo i miei familiari davanti al televisore disposti a chiedere, a quel dispensatore dell’immagine del quotidiano, notizie sullo stato di salute del mondo. Dentro di me ero invece desideroso di riferire loro che avevo salutato, qualche momento prima, un signore che aveva poggiato lo stetoscopio sulla pelle del mondo, ne aveva ascoltato i battiti, ne aveva riferito gli echi, i sussulti, i respiri, le lacrime. E lo aveva fatto in maniera opposta al testimone chiamato in giudizio ovvero l’aveva fatto in maniera interessata e mai indifferente, sempre e comunque, in maniera onesta.
Mi riecheggiavano i dogmi del grande Eugen W. Smith “la verità come pregiudizio; onesto sempre obiettivo mai”.
Avevo, quindi, visto gli occhi che avevano incontrato i grandi della Terra, che avevano incontrato la disperazione, la guerra, la fame, le malattie; che avevano incontrato la fantasia, l’eleganza, la dolcezza.
Che avevano incontrato tanto e da questi incontri erano scaturiti confronti benevolenti verso gli uomini di questo pianeta, mai inutilmente polemici anche quando questi uomini si allontanavano dal piacere di viverci.
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