Grande appuntamento, ieri sera, con Francesco Barbera e con la sua ultima fatica audiovisiva: “Planetna”.
La presentazione del suo lavoro trovava un’accoglienza, in sede, partecipata e attenta che contraccambiava la proposta fotografica concentrata in meno di dieci minuti, laddove il tempo e lo spazio dell’Etna stavano comodamente racchiusi, come in una prisma, in tutte le sue sfaccettature: c’erano le altezze della nostra montagna e c’erano i panorami, c’erano le nuvole e c’era il mare, c’erano le stagioni e c’erano i colori, c’erano le tracce dell’uomo e c’erano le loro fatiche, c’era l’umanità e c’era la volontà di convivere con un vulcano irrequieto.
Il gesto fotografico di Francesco si confermava sicuro, meditato, rigoroso, quasi sobrio, capace di rinunciare a tanti scatti che gli hanno valso tanti giusti riconoscimenti, per mettersi al servizio dello scrutator dismettendo i panni dell’operator, ancor quando tecnicamente talentoso ed esperto.
Otto minuti che raccontavano, in sequenza, tanti anni di incontro e confronto con qualcosa di familiare eppur misterioso, di coraggiose ascese e di meditate attese, di voli arditi e rilassanti passeggiate, in attesa di nuovi colori e di nuove esperienze.
E così il tempo dell’Etna, l’immagine di questo tempo e la sua rappresentazione, finivano, a mio avviso, per consegnarci il ritratto del nostro socio, compagno di poesia e di avventura, capace ancora, dopo l’ultima visione, di darci una mano, e confidarci che dietro quella nuvola, oltre quella cresta innevata, sotto quelle foglie caduche, ci sta qualcosa che sarà bello rappresentare,
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