ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
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Re:Contest " Tavolini da bar" - prove tecniche 2 (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Re:Contest " Tavolini da bar" - prove tecniche 2
#10002
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Re:Contest " Tavolini da bar" 6 Anni, 7 Mesi fa Karma: 9  
sempre il fotografo francese attento ai tavolini ed alle loro gambe
 
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Ultima Modifica: 2017/08/09 15:28 Da PipPap.
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#10003
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Re:Contest " Tavolini da bar" 6 Anni, 7 Mesi fa Karma: 9  
Doisneau: un tavolino, la gente lontana, le mani in tasca; che pace!
 
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#10004
PipPap (Utente)
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Re:Contest " Tavolini da bar" 6 Anni, 7 Mesi fa Karma: 9  
ecco l'immagine di Beauvoir
 
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Ultima Modifica: 2017/08/09 11:14 Da PipPap.
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#10005
PipPap (Utente)
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Re:Contest " Tavolini da bar" 6 Anni, 7 Mesi fa Karma: 9  
Fa caldo oggi.
Andiamo a fare colazione con qualcosa di fresco?
Io abito al centro e, se volete, per la scelta del bar c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Il bar sottocasa? Bar Europa? Il Cafè de Paris? Ernesto? Quaranta?
Oppure possiamo andare verso il centro; ed allora Savia, Spinella, Mantegna, Prestipino, Privitera.
Ma il mio pensiero va ai piccoli tavolini dei vecchi lidi, quasi sempre affollati, disturbati da frotte di bambini, appena ripuliti dai precedenti avventori.
Va ai quei bar dei paesi limitrofi come Acicastello, Acitrezza, S Maria la Scala, Pozzillo, Stazzo dove le granite hanno ancora gli ossicini del limone dentro e in quella di gelsi vi si può trovare anche una vespa.

Dieci euro bastano per soddisfare la voglia di fresco, di dolce, di colore e, magari, trovare qualche compagnia, un amico che cercavi da tempo, una lieta sorpresa.
E il tavolino è là, pronto a raccogliere le tue emozioni, le tue attese, i tuoi desideri; ci puoi posare il quotidiano, il tablet, i videogiochi del bimbo, le sigarette, i tuoi pensieri ed anche quel che stai dimenticando.
Ti accorgi che un tavolino non è fatto solo per ricordare (solo i poeti vi hanno scritto sopra, sul marmo, qualche verso) è fatto anche per l’oblio, per dimenticare tutto in un intervallo di tempo che ahimè corre veloce.
Allora ti accorgi che ognuno quell’intervallo lo interpreta a suo modo, secondo il suo interesse, il suo bisogno, le sue necessità: chi allatta, chi legge, chi gioca, chi si fa bello, chi si mostra, chi dorme, chi libera il tempo guardando il mondo circostante che invece rincorre affannosamente il tempo libero.
Il tavolino è ancora là, in disparte, quasi in castigo eppure è pronto a partecipare, a condividere, a dirti, io di queste emozioni, faccio parte.
Il tavolino è pronto con la sua presenza, il suo colore, la sua stabile necessità.

Non dobbiamo farne un capolavoro visivo, una summa espressiva, una rappresentazione perfetta ma soltanto uno strumento per rendere visibile quanto abbiamo avvertito, provato, sperimentato; e se il risultato, oggi, ci appare modesto riguardiamolo tra qualche giorno: magari ci apparirà diverso.

Come sarà la natura dell’idea fotografica con cui proveremo a intrattenerlo?
Sara “documentativa”?
Allora il ns. tavolino manterrà tutti i suoi significati e lo considereremo una “cosa-oggetto” e il fotografo sarà solo un “testimone”.
Sarà “narrativa”? ed allora il tavolino sarà una “cosa-strumento”, fondamentale per la nostra storia, dico “nostra” perchè il protagonista della fotografia non sarà il tavolino ma il fotografo, il fotografo è l’autore che qualche volta connoterà la fotografia facendo trasparire le sue idee, talvolta evidenzierà maggiormente la natura del tavolino.
Sarà “creativa”?
E allora il tavolino sarà una “cosa-pretesto” da utilizzare come qualcosa da esprimere ma che ancora non c’è, qualcosa la cui presenza si renderà rappresentabile e visibile dopo; protagonisti di questa fotografia saremo “anche” noi che leggeremo, poi, questo tipo di immagine.

Ma nel quadruccio del nostro strumento cosa apparirà? Apparirà quello che ci suggerisce la nostra impressione che a poco a poco sta divenendo emozione e che la nostra volontà di esprimerla sta portando a livello di rappresentazione.

Infine, cosa sarà la nostra fotografia? Una finestra o uno specchio?
Rifletterà quello che abbiamo meditato oppure vi si aprirà sopra per liberarlo e comunicarlo?

Ricordiamo, ancora, quello che si insegna in ogni scuola di fotografia ovvero il QUADRATO DELLA VISIONE il cui primo lato è quello letterale, oggettivo, fenomenico; accanto v’è il lato allegorico ovvero la maschera che, una volta compresa, libera le altre possibili interpretazioni; quindi il lato morale, ovvero il perché abbiamo comunicato la nostra fotografia; infine il lato anagogico , a che scopo abbiamo guardato, visto e fotografato.
Provate adesso con le vostre immagini e, per ogni dieci, ne scarterete nove fino a scattare bene ogni volta che premete quel pulsante.

In ogni caso, anche se fa caldo e gli spazi si fanno distanti, ricordate che la fotografia è anche un modo per definire il tempo e lo spazio: è un pensiero enorme, grandissimo ma non rompeteci sopra le vostre meningi.
Voi valete di più.
Il gelato intanto si è sciolto? Un’occasione per fotografare.
 
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Ultima Modifica: 2017/08/09 17:20 Da PipPap.
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#10006
PipPap (Utente)
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Sesso: Maschio Ubicazione: catania Compleanno: 1952-11-11
Re:Contest " Tavolini da bar" - prove tecniche 6 Anni, 7 Mesi fa Karma: 9  
Un tavolino vo' cercando .....


E se provassi a penetrare “in corpore vili”?

E così, come dice Catarella, di pissona, pissonalmente, sono andato a sedermi presso un Bar di piazza Duomo (non dico il nome perchè pare che voglia fare pubblicità interessata), e mi sono seduto in un tavolino che ha festosamente accolto la mia macchinetta fotografica.
Non era dello stesso avviso il cameriere che già lo vedeva occupato dal cd. aperitivo rinforzato (per il sottoscritto, ignorante delle cose del buon mondo, un’assoluta novità).
In attesa dei “rinforzi” ho posato la macchina sul piano del tavolino, pronta allo scatto automatico; ma, così facendo, mi sono precluso ogni possibilità di fotografarlo; però, potevo fotografare gli altri tavolini; dovevo decidere solo la direzione dello sguardo; potevo optare per l’Elefante ed il Municipio, per il Duomo o per l’Amenano.
Tra me e me consideravo quanto fosse bella Catania, da qualunque lato mi girassi; ed ero contento anche per i suoi tavolini.

Il nero basolato lavico, a poco a poco, si andava colorando delle ombre della sera e quelle medesime ombre si popolavano dei giovani protagonisti della movida etnea; C’era solo l’imbarazzo della scelta: i miei tavolini incrociavano fruscianti minigonne, bambini sorridenti, occhi che mi guardavano sperando che liberassi il tavolino occupato per mangiarsi un buon gelato.
Si svegliavano dentro di me i racconti di Brancati e del gallismo catanese, lo struscio dei Dongiovanni siciliani e degli eterni “ingravida balconi”.

Ma volevo fotografare e non sognare. Allora ho cambiato prospettiva ed ho guardato alla gente seduta ed ho scoperto i camerieri, i baristi e tutta quella piccola grande economia su cui gira l’esercizio di un bar.
Non volendo fotografare il loro lavoro mi sono concentrato sulle loro eccentricità, sulle loro debolezze di gusto, sulle cadute di tono, sull’affiorare del provincialismo, e, quindi, sui capelli assurdamente tagliati (si fa per dire) dei camerieri più giovani, sul candore “vissuto” di certe divise, sui fiori di plastica e sui concorrenti dei tavolini ovvero …. le carrozzine dei neonati.

Mi sono immaginato, allora, una storia d’amore, un flirt, tra una carrozzina ed un tavolino: immobile lui, sbarazzina e peripatetica lei.
Lei: “ Su di te solo cocktail, americani, gin fizz profumati e colorati; su di me tracce di moccio, bava, latte e borotalco”
Lui: “Però tu porti tenerezza, speranza, bocche che vogliono baciare prima ancora di mangiare. Io invece, su di me, vanità, soldi (pochi), e colpi di spugna (tanti)”.
Non so come finirà la storia. Se son rose fioriranno.


Più avanti, su un altro tavolino, intanto, una coppia di turisti ha dispiegato una cartina dell’Etna occupando tutto lo spazio disponibile; il cameriere intanto è giunto con le ordinazioni ma è rimasto in piedi, con in mano i rustici fumanti; la situazione si è fatta comica anche perché il cameriere ha voluto dissuadere l’ascesa al cratere con la scusa che poteva eruttare lava e prendere fuoco come il suo piccolo vassoio.
Sarebbe occorsa una sequenza e il mio piccolo apparecchio era già in riserva.

Tornando a casa, in un piccolo anfratto, una serie di tavolini e di sedie di bar, stavano stretti assieme e, per di più, incatenati (magari per dissuadere qualche ladruncolo). Opportunamente ripresi, illuminati, disposti, e sottolineati, si prestavano per qualche intuizione metaforica (soprattutto per la presenza delle catene …); ma ormai la mia vescica reclamava un perentorio ritorno a casa e, così, ho perso lo scatto migliore.
 
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Ultima Modifica: 2017/08/18 16:47 Da PipPap.
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Re:Contest " Tavolini da bar" - prove tecniche 2 6 Anni, 7 Mesi fa Karma: 9  
Per chi non ha voglia di muoversi ….

È inutile ricordare che le fotografie buone si fanno con i piedi, quindi con il compasso delle nostre gambe e con il continuo variare del panorama del mondo davanti ai nostri occhi.
Ripeto, è inutile.
Alcuni fotografi, anche grandissimi, aspettano comodamente che l’idea della loro visione non sia tardi a venire e, ancorché chiusi in una camera vuota, ti inventano letteralmente la fotografia guardando precipuamente allo “specifico” della tecnica fotografica.

Immaginiamoli.

“Io non mi sposto da casa mia, portatemi voi l’occorrente” e poi “Cos’è questo? Un tavolino da bar?” ed ecco che scatta il loro genio.
“Proviamolo a guardarlo sottosopra. Che ve ne pare?” E ancora “Proviamolo vedendolo da sotto come se guardassimo sotto a una gonna” e continuano
“Proviamo con le focali che abbiamo a disposizione. Che cosa sta venendo fuori?” Proviamo a fotografarne l'ombra, o il riflesso, o la silhoutte, o la sua figura dietro un vetro o dietro una tenda"
“E se provassimo a vestirlo? Quadrettato, fiorami, pois, via con la fantasia”
“E se provassimo a sovraccaricarlo di oggetti? Frutta di stagione, giocattoli per bambini, costumi da bagno, barattoli di caffè, lattine di bibite; e, magari, confezionare il tavolino per il bambino, per il vizioso, per la stagione, per il quartiere”.
E così vien fuori un tavolino con bucce d’anguria che potrebbe risultare un omaggio al colore. Oppure un tavolino con caraffa simil-argento e tazza di porcellana che potrebbe fare molto set cinematografico. O un tavolino con una scacchiera, o con la dama, o col le carte pronte per la canasta. Oppure con la calia e i semi di zucca e i calacausi, le carrubbe e le castagne napoletane. O con un misto umberto, una cassata, un tartufo, una pesca melba, un mangiaebevi, un tartufo, uno schiumone, un coccodè, una fetta ma, uno zuccotto, un annegato: basta telefonare alla gelateria più vicina.
Ma non dimenticatevi del tavolino.
Anzi cominciate a studiarne la fattura, il design, la sua confezione, il materiale di cui è fatto. Magari scoprirete tutto un altro mondo adoperando un obiettivo macro.
Ma non provate a salire sopra un tavolino per prendere qualcosa che sta più in alto. E’ consentito un uso momentaneo a mo' di palcoscenico solo ai neonati e agli innamorati.

Quindi, anche se state a casa, disponendo dell’oggetto, si può tirar fuori una buona rappresentazione. E risparmierete la mancia per il cameriere.


Ah dimenticavo.
Ho trovato questi ignobili versi scritti, impropriamente, sul piano di un tavolino


Sempre “caro” mi fu quel tavolino
E il cameriere che dall’orizzonte
Mi ricorda il prezzo della consumazione.

Ma pensandoci adesso e rimirando il tutto,
m'accorgo, caro Pip, non c’è costrutto.

Mi sovviene che la birra era calda, il gelato squagliato,
il bambino scocciante, la ragazza vanesia.

Così, in tanta delusione, si spegne il mio strumento,
e allora mollo tutto, anche il contest, e mi tuffo proprio al mare.
 
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Ultima Modifica: 2017/08/18 09:31 Da PipPap.
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