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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI
#8165
alb.o (Utente)
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 10 Anni, 7 Mesi fa Karma: 2  
Concedetemi a questo punto un ulteriore passaggio.

Tempo. Tempo e riflessi. Riflessi e acqua. Specchio...

Ed ancora tempo, un tempo rallentato che insiste sull'esistenza dell'effimero e del divenire. Il rallentare porta alla luce la dimensione nascosta ed inconscia di una consapevolezza che ogni essere vivente porta dentro di sé; il passaggio dalla vita alla morte, diventa consapevolezza solo attraverso il guardarsi dentro, e "riflettere" verso l'esterno ciò che nascondiamo dentro ognuno di noi; spesso evitando o posticipando il più al lungo possibile questo fondamentale confronto.

La consapevolezza intima appartiene al nostro mondo interiore e quando questa si fa immagine avviene un riconoscimento ed una immediata trasformazione in fotografia proprio dentro di noi. Il nostro mondo interiore è il luogo reale dove tale immagine può divenire fotografia (nel nostro caso) ed essere esportata nel mondo. Se non è già dentro di noi, difficilmente la fotografia può avere contenuto ed esperienze da trasmettere al prossimo. E' l'essenza dell'artista. Sono concetti chiave per molti degli autori che abbiamo fin qui richiamato, sono certamente concetti presenti in Enzo Carli e Mario Giacomelli, ma sono concetti che richiamano e sintetizzano il "riflesso" e le riflessioni fin qui condivise...

"Non sono la videocamera e il monitor, ma il tempo e l'esperienza stessa, e (...) il vero luogo in cui esiste l'opera non è la superficie dello schermo o lo spazio racchiuso dalle mura della stanza, ma la mente e il cuore della persona che le osserva. E' là che tutte le immagini vivono".

"Rallentare l'immagine in movimento, non è il frutto di una semplice strategia estetica, ma è un atto che espande la nostra consapevolezza mentale. La dimensione nascosta di eventi sconosciuti e di configurazioni in divenire, cose che normalmente sono al di sotto della soglia di consapevolezza, ci vengono rivelate grazie allo slow motion. Con varie pratiche di meditazione si ottengono gli stessi risultati, ma in modo naturale, senza l'ausilio della tecnologia".

Bill Viola



 
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Ultima Modifica: 2013/09/02 14:17 Da alb.o.
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#8166
alb.o (Utente)
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 10 Anni, 7 Mesi fa Karma: 2  
Esistono due cose che influenzano ciò che siamo: "Technology and Revelation". Technology è lo spazio del fisico, del corpo e dell'hardware, mentre in Revelation vivono il metafisico, l'anima ed il software. Nel mezzo tra questi due opposti si colloca lo spazio dell'uomo.

L'artista, lavora in entrambe le aree, avendo coscienza sia del contenuto della prima che del contenuto della seconda. Quando l'immagine interiore si sposa con quella che sta fuorinel mondo esterno (ossia quella vista attraverso la fotocamera o la telecamera, nel caso di Bill Viola) ecco che scatta il momento magico e si forma la vera immagine.

Bill Viola, racconta spesso una storia raccontatagli a sua volta da una antropologa che lavorò per lungo tempo in Namibia, insieme a delle donne indigene. Una donna africana si aggirava di notte sola tra i cespugli, quando vide una strana giraffa correre, mentre si avvicinava un forte temporale con lampi e tuoni. Il rumore della corsa della giraffa si mischiò a quello della pioggia e dei tuoni. Improvvisamente il ritmo si trasformò in musica e la donna iniziò a cantare una canzone che non aveva mai sentito prima. Il dio Gaua, in quel momento, le disse che era una canzone magica. La donna tornò a casa e raccontò la storia al marito, cantò la canzone ed anche il marito convenne che si trattava di una canzone magica. Così iniziarono a cantare ed a danzare insieme, finchè il marito uscì a raccontare a tutti l'esperienza della moglie. Informò gli abitanti del villaggio e la canzone fu condivisa fra tutti. Tutti danzarono insieme.

Cerchiamo di capire quali sono gli elementi della storia. Esiste un momento preciso nella vita di una determinata persona. Questa persona si trova sola con se stessa, in questo preciso momento; si trova in un particolare spazio nel mezzo di un forte temporale, ossia in un momento molto particolare, con una atmosfera estremamente suggestiva. D'improvviso accade un evento inaspettato: una giraffa sbuca fuori dal nulla ed inizia a correre, producendo un magnifico suono che si aggiunge alla particolare atmosfera della serata. I suoni tutti insieme presenti in quel frangente fanno sì che dentro la donna nasca una canzone, che la donna stessa non aveva mai sentito prima.

Abbiamo quindi un'immagine, una percezione personale collegata al mondo esterno. Tutte le idee vivono nel mondo esterno, vengono da quello spazio e sono formate dall'interazione di ogni essere umano con il mondo. Da queste condizioni al contorno viene fuori una canzone, una canzone nuova mai esistita. La donna la canta, emette suoni dal suo corpo, quindi da dentro verso fuori. Questo suono emesso si mischia ai suoni del mondo. Ecco il primo punto fondamentale, far uscire fuori e trasmettere al mondo qualcosa che viene da dentro di noi, dal proprio cervello e dal proprio cuore. La donna torna a casa.

Mentre torna a casa il Dio Gaua le dice che quella canzone, non è una canzonetta qualsiasi, una di quelle canzoni che si fischiettano sotto la doccia, ma è una canzone speciale, una magia. Lei prende coscienza della meraviglia che aveva creato e la sa riconoscere… lo fa da dentro se stessa. Lo fa allo stesso modo in cui un fotografo dovrebbe saper riconoscere una sua immagine speciale… Un artista riconosce tra tante immagini la Fotografia, quella vera, quella che voleva, quella che aveva già dentro di se e che è venuta fuori in quelle particolari circostanze che gli hanno permesso di incontrarla fuori.

A questo punto la donna torna a casa e condivide l'esperienza con il marito (la persona più vicina a lei). Questo è il secondo punto fondamentale. Lei sente la necessità di condividere con qualcun altro. Sente la necessità di condividere, ancora una volta come fa l'artista con le sue creazioni. La canzone si diffonde all'intero villaggio.

L'antropologo arriva in un villaggio, tanti anni dopo, vede la gente cantare e ballare e chiede da dove viene quella musica, qual'è l'origine di quella canzone. Prima di aver chiesto ed aver ottenuto le risposte, l'antropologo non sa nulla della giraffa e del forte temporale. L'artista invece non vuole stare al posto dell'antropologo, ma vuole vivere il momento che ha vissuto la donna, vuole essere lui a cantare una canzone magica. Vuole provare la sensazione di far nascere un'opera.
 
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Ultima Modifica: 2013/09/02 03:09 Da alb.o.
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#8169
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 10 Anni, 7 Mesi fa Karma: 2  
...altra immagini di Bill Viola.

 
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#8170
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 10 Anni, 7 Mesi fa Karma: 2  
Dissolution (2005) Bill Viola


 
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Ultima Modifica: 2013/09/02 13:47 Da alb.o.
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#8173
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 10 Anni, 7 Mesi fa Karma: 2  
Bill Viola (1951)


Artista americano (video maker).

Studia arte alla Syracuse University, NY.
Negli anni '80, vince diverse importanti borse di studio, che gli consentono tra l'altro di trascorrere un periodo della sua vita in Giappone. In questo periodo realizza "First dream".
Nel 1983 inizia la sua carriera di insegnante alla California Institute for the Arts. Insegna, ovviamente, video.
Tra il 1987 ed il 1988 viene chiamato al MOMA per una delle sue più importanti mostre della sua carriera e riceve il Maya Deren Award.
Nel 1995 rappresenta gli USA alla Biennale di Venezia, con "Burie Secrets". Nello stesso periodo conclude il suo lavoro "Deserts".
Nel 1997 realizza un'altra importante mostra al Whiitney Museum.
Il Guggenheim di New York e Berlino gli commissionano nel 2002 un lavoro che lui completa nello stesso anno: "Going forthy by day".
Il 2003 segna il momento della sua personale al Getty Museum di Los Angeles dal titolo "The Passion".
Nel 2004 altra importante retrospettiva a T0kyo.
Il 2008 segna il tempo dell'Italia, una grande personale al Palazzo delle Esposizioni di Roma, intitolata "Visioni Interiori", curata dalla moglie Kira Perov, che da anni collabora con lui.
Tra il 2007 ed il 2009 da registrare un nuovo intervento in Biennale a Venezia e poi alla National Gallery di Victoria in Australia con "Ocean without a shore".

Bill Viola racconta abbastanza spesso, durante i suoi interventi, le sue lezione e le sue interviste, di come all'età di sei anni cadde in un lago, ed in quell'occasione ebbe una visione di un mondo parallelo sotto l'acqua; fu in quella occasione che vide una delle immagini più importanti della sua vita. Fece un'esperienza affascinante (fortunatamente conclusasi con l'intervento di uno zio) in mondo pieno di colore, di luci, di piante marine in movimento. Era il paradiso, un mondo talmente bello da preferirlo al mondo reale. Da quella esperienza un'immagine eternamente vivida rimane scolpita nella sua mente, quasi a ricordargli che esiste sempre molto di più oltre l'apparenza, oltre la "superficie". Probabilmente non è un caso che l'acqua è un elemento sempre presente nei lavori di Viola.

Altro importante aspetto dell'estetica di Viola è certamente il concetto di "emptyness". Il Vuoto esiste e non è un'entità astratta. Il Vuoto è presente tra tutti gli esseri e gli oggetti fisici esistenti. Questo concetto fondamentale è alla base del concetto di spazio che è un altro elemento sempre presente in ogni suo lavoro. Il vuoto è lo spazio in cui noi stessi esistiamo. L'essere vivente si manifesta in quanto tale non negli oggetti fisici, ma nello spazio vuoto che esiste tra loro.

Tutti i lavori di Bill Viola sono di tipo narrativo ("slow narrative"), una narrazione lenta, che avviene attraverso alcuni mezzi ricorrenti. La persona umana è sempre presente, perché lo spazio abitato deve a sua volta essere comprensibile ed identificabile. Il Tempo ed il suo scorrere ciclico per cerchi concentrici (non lineare quindi) è una costante di tutti i suoi lavori. Attraverso questi elementi, immagini in movimento e suoni riescono a creare lo spazio, all'interno del quale si trasformano elementi naturali (rocce, deserti, costellazioni, acqua, fuoco,ecc.) in qualcos'altro che possiamo chiamare paesaggi psicologici abitati da esseri viventi che vivono in un tempo indefinito.

Nel 1973 si iscrisse alla Syracuse Univeristy, ed il secondo video che realizzò nella sua vita fu "Tipe I" (1972).
Posizionò la telecamera di fronte ad uno specchio (guarda caso) nel quale veniva riflessa la porta d'ingresso della stanza. L'inizio del video è caratterizzato dall'apertura di una porta ed il suo ingresso in scena camminando verso la telecamera. Una volta avvicinatosi allo specchio, improvvisamente si gira verso la telecamera sedendosi su una sedia ed entrando nella ripresa in primo piano. Questo effetto spiazzante (che ricorda il "displacement" già affrontato) dovuto al riflesso ed all'improvviso cambio di sistema di riferimento grazie al riflesso. A questo punto un urlo liberatorio, violento, conclude il video. Il lavoro parte da un'idea di base di tipo introspettivo, il riflesso, il fluido e l'acqua sono già presenti in forma embrionale, ma perfettamente chiari nei loro significati.

Viola racconta spesso un'altro aneddoto capitato nel periodo universitario. durante un giorno di forte pioggia. mentre pioveva, infatti alcune gocce d'acqua si depositarono sui suoi occhiali. Improvvisamente passò un automobile, proprio mentre lui teneva gli occhiclai in mano e si accingeva ad asciugarli. Con la coda dell'occhi Viola vide la macchina passare, ma concentrato sulle gocce da asciugare, vide anche una macchina passare all'interno di ogni goccia posata sui suoi occhiali. Lui descrive l'aver vissuto questa esperienza come un miracolo. L'esperienza lo turbò talmente tanto che tornò immediatamente a casa e simulò quanto avvenuto per capirne il meccanismo e poter riprodurre quei riflessi. Da questa esperienza nascono due lavori: "He weeps for you" e soprattutto "Migration", era il 1976. In quest'ultimo, il riflesso di Bill Viola è contenuto in una goccia d'acqua che scende lentamente da un rubinetto. Il riflesso del corpo si deforma via via che la goccia si ingrandisce e si allunga prima dello staccassi e cadere (migrare appunto), la goccia successiva è già in via di formazione per un andamento ciclico che si ripete in loop.

Altro lavoro basato sul riflesso, questa volata attraverso uno specchio rotante è "Slavely turning narrative" realizzato nel 1992. L'istallazione consisteva in uno specchio rotante posto al centro di una stanza rettangolare. Sui lati corti due apparecchi proiettavano sullo specchio due filmati distinti che al ruotare dello specchio stesso sformavano e miscelavano tra loro.

 
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Ultima Modifica: 2013/09/03 00:42 Da alb.o.
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alb.o (Utente)
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 10 Anni, 7 Mesi fa Karma: 2  
Altro lavoro per me molto interessante è "Silent Mountain". L'istallazione prevede due televisori al plasma disposti in verticale. La scena si svolge in entrambi in assoluto silenzio. Una donna nel primo schermo, un uomo nel secondo. Per un po' di tempo nulla accade ed entrambi assumono un aspetto più o meno normale. Dopo di che qualcosa accade (non sappiamo cosa), ma qualcosa varia lo "stato" dei due personaggi. Il loro comportamento cambia, cambia gradualmente fino ad un punto di picco. Se volessimo matematicamente rappresentare il cmbiamento di "stato" con una curva, potremmo dire che il cambiamento con andamento parabolico, (a campana) , ossia cresce all'aumentare del tempo, fino al suo punto di massimo, ossia appunto fino al raggiungimento del picco o limite superiore che coincide con un urlo (ricordo non c'è audio) ad individuare il massimo della perturbazione dello stato. Da quel momento in poi, si ricomincia a tornare verso la "normalità" ossia lo stato non perturbato, percorrendo la parte discendente della curva. Attenzione però questo nuovo stadio di quiete non sarà più lo stesso d'origine. Qualcosa è cambiato, è cambiato irreparabilmente secondo un processo irreversibile. Esattamente lo stesso principio di quando lanciamo una pietra in uno stagno, esiste uno stadio di calma piatta, dopo il picco con l'ingresso in acqua del sasso, fino al ripristino delle condizioni iniziali che però presentano il propagassi di onde concentriche, differenziando questo stato di calma dal simmetrico iniziale. La superficie resta increspata.

Anche in questa opera, il lavoro ha certamente carattere narrativo, nel senso che ha un inizio, un evoluzione ed una fine con risoluzione, ma non abbiamo un plot, manca la storia. Non sappiamo cosa sia successo e perchè i personaggi stiano urlando, tanto meno cosa abbia generato questa reazione dei protagonisti.
Cosa traiamo da questo lavoro che può aggiungere ulteriormente importanti indicazioni rispetto alle nostre riflessioni? Per Viola, la curva è una metafora per rappresentare la natura, come se si trattasse di un vulcano in fase di esplosione, Attraverso questa metafora Viola si sofferma sull'evoluzione naturale del mondo… ancora una volta il concetto del divenire. La curva dunque rappresenta una metafora del divenire del mondo, che ha in ordinate l'energia del mondo ed in ascisse il tempo che scorre. La particolarità è che le curve sono tante e diverso tipo, e quindi il tempo è la somma "non caotica" di diverse tipologie di tempi, che generano a loro volta diverse forme del tempo. Il punto interessante è dunque riuscire a trovare le altre curve. La domanda diventa, esistono altre curve in natura che possano rappresentare altre forme di energia con cui provare a lavorare?

Viola ritiene che la chiave per scoprire altre energie (assunte quindi queste come incognite) è il tempo. Ossia dando valori o associando il tempo a forme differenti, egli ritiene di poter individuare altre forme di energia presenti in natura.Il discorso ritorna ancora una volta al quindi al tempo, un tempo non più lineare ma da andamenti e forme proprie. Viola scopre ed intuisce quindi che il tempo abbia una forma, una forma peraltro variabile a secondo del fenomeno naturale a cui è associato, scartando l'ipotesi di un unico andamento lineare di esso stesso.

A questo punto ci si stacca dalla matematica e dalla fisica, per cercare il metafisico, ma l'intuizione da un punto di visto artistico regge. Basti pensare alla musica… Ogni strumento, ogni brano musicale ha sicuramente una sua "time form", ben distinta… Se si osserva un'immagine in modo tradizionale, si perde questa forma del tempo. Per poter captare questa forma, non bisogna coglierla in un momento, ma bisogna viverla nel divenire, bisogna trasformassi noi stessi nel tempo e seguirlo all'interno della sua forma assecondandone il suo andamento. Da qui la sua predilezione per la videooamera a vantaggio della fotocamera. Una fotografia blocca un istante, il video lo segue in tutte le sue fasi, ciò consente di divenire tempo. Direi che la teoria è affascinante, e capisco che il video si presti molto di più alla ricerca intesa come Viola la propone, ma ovviamente mi sento di spezzar una lancia a favore della fotografia… nel riflesso vivono tempi distinti, intesi alla Viola, pertanto un riflesso potrebbe offrire se riconosciuti variabili importanti sul tempo.Inoltre, esiste il "mosso", in fotografia genera una forma del tempo? …mi fermo qui, questo è certamente argomento per altre "riflessioni"!
 
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