Luciano D’Alessandro: muore un pezzo di Napoli.
Provavo un certo ritegno a scrivere e commentare questa notizia; sono sempre io, infatti, a ricordare la scomparsa dei grandi fotografi e tanto mi farà guadagnare la fama di iettatore.
Ma si tratta, stavolta, di un grande fotografo italiano, di un uomo del Sud, di un professionista, di un giornalista “ancora e sinceramente” di sinistra.
Quella sinistra che fu attenzione, ascolto, solidarietà e giustizia sociale.
E sono state esperienze risolte in immagini, strepitose e importanti, di storia e di testimonianza di una Napoli e di un Paese che aspetta ancora.
Luciano fu protagonista di quel giornalismo che intendeva utilizzare la fotografia come integrazione del testo fatto di parole, come ridondanza espressiva del medesimo, come amplificazione dell’ intuizione critica. La sua palestra fu il Mondo di Pannunzio e l’Espresso di De Benedetti.
Ma tanto suo lavoro si concentrò su alcune opere rimaste dei capisaldi della fotografia: penso alla collaborazione con Gianni Berengo Gardin da cui vennero fuori libri meravigliosii come “Dentro le case”, penso ad un libro di assoluta importanza come “Gli esclusi”, primo testo al mondo a penetrare l’istituzione psichiatrica, o all’analisi del Mezzogiorno italiano racchiusa nel “Tra la mia gente”.
Personalmente rimango legato a “Vivere Capri”: una vacanza dello spirito, uno sguardo giovane e fiducioso, un viaggio nel buon umore napoletano che non è mai semplice umorismo ma fiducia nell’uomo..