ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
  • Decrease font size
  • Default font size
  • Increase font size
ACAF Forum
Benvenuto/a, Ospite
Prego Accedi o Registrati.    Password dimenticata?
Re:appunto (1 in linea) (1) Visitatore
Vai a fine pagina Rispondi al messaggio Preferiti: 0
Discussione: Re:appunto
#8971
Caristofane (Utente)
Carpe diem!
utente platinum
Messaggi: 447
graphgraph
Utente non in linea Clicca qui per vedere il profilo di questo utente
Socio Nr.: 409 Sesso: Maschio Compleanno: 1964-12-15
Re:appunto 9 Anni, 8 Mesi fa Karma: 2  
"l'immagine non è nostra, così come non lo è la realtà! Il pensiero e le idee invece si, ed è solo e soltanto attraverso queste ultime che rendiamo le immagini di nostra proprietà"

Sottoscrivo!

 
Riporta a un moderatore   Loggato Loggato  
 
E\' un\'illusione che le foto si facciano con la macchina... si fanno con gli occhi, con la testa e con il cuore.
Henri Cartier-Bresson

Chi non sa fare una foto interessante con un apparecchio da poco prezzo, ben difficilmente otterrà qualcosa di meglio con la fotocamera dei suoi sogni.
Andreas Feininger
  Per scrivere in questo Forum è prima necessario registrarsi come utenti di questo sito.
#8978
PipPap (Utente)
utente platinum
Messaggi: 1122
graphgraph
Utente non in linea Clicca qui per vedere il profilo di questo utente
Sesso: Maschio Ubicazione: catania Compleanno: 1952-11-11
Re:appunto 9 Anni, 8 Mesi fa Karma: 9  
Non intendo distrarre nessuno dalla ricerca dell’utopico spazio-tempo della vacanza: anche per me, si tratta di una faticosa quanto contradittoria ricerca; è divenuta, appunto, un u-thopos (un qualcosa fuori dal senso spaziale e temporale).
Per non lasciarmi, però, sorprendere nella “vacanza” (espressione piacevole quanto ambigua e negativa), senza impegno ma con diletto, traccio questi “appunti” che, come giustamente sottolinea Alberto, mi permettono di riprendere il tempo passato insieme, qualche dialogo lasciato in sospeso, qualche sensazione non bene espressa, qualche domanda da far maturare prima di ricevere la sua risposta

Parafrasando un gigante, mi verrebbe autoironicamente da dire, che è un modo per lasciare una traccia della mia assenza.

“Appunto”, quindi, come annotazione, come glossa a margine, come pro-memoria, come considerazione parallela e incidentale; senza insistere troppo sull’idea implicita ma presente, di richiamo, di rilievo. Chiaro?
Conseguentemente, il carattere di queste riflessioni non può non scaturire che dal personale modo di intendere, vivere, e, soprattutto, condividere, il gesto fotografico; ancor più, la sua proposta, specialmente alla luce del tempo che passa velocemente e dell’uso aberrante che si fa dei risultati del pensiero fotografico.
Ma parliamo di cose concrete.

Durante l’anno passato il mio/nostro interesse ha, tante volte, incontrato, l’esperienza visiva del paesaggio (sue definizioni, sue problematiche, poetiche, estetiche); durante gli incontri con i nostri ospiti, durante le giurie dei concorsi, durante i seminari con i corsisti, durante i convegni con i grandi fotografi (ma quante cose facciamo all’ACAF?) abbiamo, un po’ alla volta, cercato di penetrare in questa vastissima tematica.

Oggi pensavo - ed ecco la ragione di questo mio altro “appunto” - che con i protagonisti di “Spazio Subìto” (da noi attenzionati sia in sede, sia nel convegno in Caltagirone) non avevamo sufficientemente scambiato un’intuizione che pure avevamo sottomano e che, avevamo insieme sperimentata: “il linguaggio fotografico si è storicamente modellato sul linguaggio del paesaggio, ne ha assunto i problemi e ne ha descritto i mutamenti” (R. Valtorta).
La narrazione di questi mutamenti è stata, quindi, fotografica; e la forma in cui essa narrazione si è data allla nostra speculazione è stata preminentemente fotografica.
Abbiamo, infatti, parlato di paesaggio avendo in mente la sua immagine fotografica; ne abbiamo adddirittura cambiato la nozione medesima perchè nella nostra pratica fotografica includeva anche il paesaggio industriale e quello metropolitano.
Abbiamo interrogato e interpretato le nuove spazialità, le mutazioni della città, i nuovi luoghi del consumo, gli spazi dell’assenza con un linguaggio/esperienza fotografico (v. i lavoro di Castoro, Molino,Minaldi).
Abbiamo, e di conseguenza, incrociato sociologia e fotografia, ricavandone una sociologia nuova, di tipo visuale, un nuovo possibile metodo di studio della metropoli.
Il gesto fotografico, ad esempio, ha dato forma al linguaggio silenzioso dello spazio (Basilico) facendogli esprimere contrasti ed evoluzioni, trasformazioni e sparizioni.
L’atto fotografico si è messo in ascolto anche dei non luoghi, dei vuoti, dei troppo pieno, degli spazi poetici e delle "periferie dell’esistenza" (Bergoglio docet).
Insomma, abbiamo subìto non il paesaggio reale (ammesso che esista), ma il paesaggio fotografico (anche se abbiamo appreso tanto di più, e sono il primo a riconoscerlo).

Se dal paesaggio passiamo alla moda (un tema non particolarmente interpellato se non, e indirettamente, dai nostri fotografi di matrimonio) dobbiamo constatare che la riflessione che abbiamo sopra formulata è altrettanto vera. Se la fotografia ha instaurato da tempo con la moda un rapporto privilegiato, vantaggiosissimo per entrambe, è anche vero che la fotografia di moda sempre più è divenuta la “moda della fotografia” sulla quale il buon Marra ha costruito sapientemente una delle più importanti meditazioni sul fenomeno fotografia.

McLuhan aveva profetato bene: “il medium diverrà il messaggio”.
Sarà la proposta materiale, il modo di esercitarla, di viverla, di renderla a noi fisiologica, a farla divenire tendenza, globalizzazione del fenomeno fotografico destinata ad impossessarsi della singolarità, e originalità del pensiero, riconducendola ad un generume con le sue codificate regole ed inoppugnabili economie e necessità.
In questo panorama vedo soccombere il gesto fotografico come automatico prelievo, utilissimo solo a descrivere e quantificare il contributo del fenomeno-fotografia; mentre nutro speranze di sopravvivenza per il gesto come opera di “trasformazione” guidato da una volontà, psiche, pensiero, nous, come volete chiamarlo, che ha come obiettivo la formulazione o l’ideazione di un’immagine, di un’idea (così, purtroppo, preferiscono chiamarla i filosofi moderni) che non è una cosa astratta e meno che mai, la singola, materiale, fotografia.
Sottoscrivo anch’io che l’immagine è figlia, quando riconosciuta, solo del nostro pensiero, e se questo “nostro” pensiero non c’è non c’è immagine che ci appartenga: il grido d’allarme, mio e di tanti amici, nasce proprio dalla constatazione di vedere sorgere le immagini da una realtà che è essa stessa immagine (meglio simulacro), che ne vive teoricamente e praticamente la medesima struttura, perchè frutto di una civiltà che con riesce ad esprimere altro (Debord- La società dello spettacolo) Rimando in tal senso ai due precedenti “appunti” . Basta semplicemente, leggerli. Appunto.
 
Riporta a un moderatore   Loggato Loggato  
 
Ultima Modifica: 2014/08/18 10:06 Da PipPap.
  Per scrivere in questo Forum è prima necessario registrarsi come utenti di questo sito.
#8980
PipPap (Utente)
utente platinum
Messaggi: 1122
graphgraph
Utente non in linea Clicca qui per vedere il profilo di questo utente
Sesso: Maschio Ubicazione: catania Compleanno: 1952-11-11
Re:appunto 9 Anni, 8 Mesi fa Karma: 9  
Abbiamo accennato al genere fotografia di paesaggio ed alla fotografia di moda, ma penso che anche il cosidetto reportage non sia estraneo alla nostra riflessione.
Da qualche tempo, infatti, nel mondo del fotogiornalismo, ci si accusa di formulare l’immagine reportata non più con l’atttenzione che merita il dato reale che s’intende documentare ma con un carico connotativo (soggettivo, per intenderci) che spesso finisce per divenire paradossalmente il dato materiale reportato (per intenderci: non più il missile che ha colpito la scuola -il cosa- ma come ho personalmente ricostruito fotograficamente la sua immagine -il come-).
Pur sensibile a questo dibattito, ne avverto i limiti e, se mi consentite, la pericolosità.
Limiti: chi ha detto che il “come” formulo l’immagine non possa rappresentare, o divenire, il “cosa” stia nell’immagine?
Pericolosità: dove va a finire la volontà connotativa del fotoreporter, la sua libertà, la sua idea?
Chi, in passato, ha confidato in una fotografia come espressione di pura denotazione ha, abbastanza rapidamente, convenuto che questa è materialmente impossibile.
Oggi, però, la quantità di proposte, di obiettivi puntati a guardare tutti dentro il quadruccio, nello stesso momento e, magari, con lo stesso sentimento, si riprende la vecchia aspirazione.
Mi piacerebbe, poi, accertare se tale fenomeno (compresenza e medesima formulazione, richiamando, magari, una collettiva memoria previa, o un patrimonio visivo condiviso) non finisca per esprimere il desiderio (?) di fotografare un’immagine e non una realtà.

Nel frattempo, però, censureremo i bravissimi Zizola, Pellegrin (tanto per rimanere in Italia) perché la formulazione rappresentativa della loro visione somiglia ad altre immagini? perchè si riporta ad un sistema di icone rispetto alle quali portiamo, magari, troppo ossequio e di cui facciamo fatica a liberarci, anche perché costruite dalla tradizione culturale e succube ai vincoli del nuovo giornalismo?

Lo sviluppo di questo “appunto” si fa, allora, più difficile perché investe la verifica del potere o meno delle immagini (v. Freedberg, ll potere delle immagini).
E’ proprio vero che le immagini possono spaventare, emozionare, eccitare? A me semba proprio così.
Ed allora, perché continuo a leggere, discutere, valutare l’immagine, prevalentemente o soltanto, in ragione delle sue valenze estetiche?
Di fronte ad un eccessivo, totalizzante, uso del mezzo fotografico le nozioni di bello e di brutto, invero, perdono di significato e si confondono con altre nuove rispettabilissime esigenze o valori tutti da indagare, da penetrare per capire quale significato nuovo i moderni fotografi, colti o meno, preparati o novellini, attribuiscano all’atto fotografico. Ed onestamente ne devo tener conto. Anche perché sono stanco di feticci e di simulacri.

Realtà?! Immagine?! E, quindi, il desiderio di comprendere, di penetrare il legame, segreto o meno, che, tra esse, intercorre? Si, ed ancora si.
Non quindi, la mera ricerca di un’identità di appartenenza o di derivazione ma la reale individuazione di un timore, di un sospetto, che, alla Borges, provo a riassumere in questa frase: “la realtà in fotografia va scomparendo, esiste per lei solo l’immagine” (le virgolette sono mie).
Provo, allora, un forte desiderio di riprendere l’appunto in chiave teologica, dove sono certo di trovare interessanti sviluppi (s.o.s.:Chiaromonte!’); ma non voglio tediare nessuno.
Fa caldo; e, credo, abusando della vostra pazienza, di aver rotto abbastanza.
Appunto.
 
Riporta a un moderatore   Loggato Loggato  
 
Ultima Modifica: 2014/08/08 11:01 Da PipPap.
  Per scrivere in questo Forum è prima necessario registrarsi come utenti di questo sito.
#8982
PipPap (Utente)
utente platinum
Messaggi: 1122
graphgraph
Utente non in linea Clicca qui per vedere il profilo di questo utente
Sesso: Maschio Ubicazione: catania Compleanno: 1952-11-11
Re:appunto 9 Anni, 8 Mesi fa Karma: 9  
“ai compagni dell’hully-gully, con empatia”


Della nominazione e della riflessione, ovvero

TERRAZZO SHOOTING

Via, quest’estate, poi, non sta tascorrendo con temperature micidiali.
Non ho il minimo desiderio di allontanarmi da dove mi addormento di solito ed altrettanto solitamente mi sveglio.
Eppure, ad un tratto, la tentazione di vedere un altro sole, di avvolgermi di una nuova luce mi spinge a cercare luoghi, come dire, più aperti e, magari, più appartati.
E così, quel grande esploratore che è dentro di me, all’improvviso si risolve di salire addirittura sul ……. terrazzo di casa.
Il viaggio è stato impegnativo ma ne è valsa la pena. Mi guardo intorno: tetti, antenne, impianti per l’energia solare, azzurre vasche per la raccolta dell’acqua e, poi, uccelli, nuvole e orizzonti, lontani. Troppo, troppo lontani.
Cerco un posticino dove sedermi, dopo tanto cammino, e, quindi,comodamente, proseguire, la mia contemplazione. Improvvisamente mi accorgo di non essere solo.
Da un angolo del terrazzo, un ragazzinetto, per niente sorpreso dalla mia presenza accenna un gesto di saluto rivolgendomi schiettamente un affabile sorriso.
- Cosa fai? – gli chiedo con familiarità studiata affinchè possa trasformarsi in confidenza.
- Guardo – mi risponde con assoluta semplicità
- Ma, non hai un binocolo, un marchingegno che ti possa aiutare nella tua visione?
- Non ne avverto il bisogno. E poi, ti confesso, che in realtà, più che guardare sto provando a ordinare quanto ho sotto gli occchi. E, per farlo, nomino ogni cosa che m’interessa.
- Ma non vedo nessuna penna, nessun notes, laddove “appuntare” queste tue invenzioni, queste tue, non so come chiamarle, nominazioni.
- Non ne ho bisogno perchè adopero questa cerbottana di plastica che altro non è che il “cartoccio” che tu utilizzavi alla mia età. V’introduco, appunto, dei cartocci di carta che mi costruisco e a ogni cartoccio metto un nome, anzi lo battezzo con il “suo” nome, e lo “sparo” (bam! snap!) verso il suo luogo di origine.
- Origine? Spiegati meglio.
- Su questo, ad esempio, ho scritto, “casa di mamma” ed io lo sparo sul tetto qui accanto; su questo ho scritto “casa di Dorothea”, una mia, ehm, amica, e volerà su quel balcone; questo porta la scritta “casa dell’uccellino” e lo invierò sul vecchio nido appeso alla grondaia; su questo ho scritto “casa del sole” ma ancora non so dove mandarlo.
- Mi piace ciò che fai. Anch’io ho provato a far qualcosa di simile guardando dentro il mio strumento fotografico. Chiedo ogni volta a ciò che ho di fronte: come ti chiami? Poi, solo poi, però ricevo risposta, o credo di riceverla.
- Così è più difficile. Io conosco prima ciò che sto guardando; e mando i miei “cartocci” solo per ricordare che li penso. Per questo conosco tutti.
- “Solo per ricordare che li pensi....”.
- Ti par poco?
- Affatto, anzi.
Rimaniamo in silenzio per qualche tempo perché, come dice il poeta, fresca è la sera e ormai noto il cammino.
Lui, intanto, continua con i suoi innocenti lanci; io continuo a osservarlo incantato. Poi si gira e sorridendo mi chiede:
- Come ti chiami?
- E tu?
- Perché? non lo sai?
- Dovrei saperlo? Ho un sospetto.
- Perché, allora, non provi a mandarmi un “cartoccio” come facevi ai tuoi tempi belli? Però, col mio nome.

Obbedisco immantinentemente; e mi sorprendo per la mia precisione e bravura.
- Vediamo, allora, cosa hai scritto con questa grafia da vecchio. Non riesco a leggerla: A….nge…..lo?!! Macché Angelo. Così, talvolta, mi chiama solo la mamma. Io non ho questo nome: io mi chiamo .... Pippo.



P.S.: ricordo, a me stesso, che uno come Wittgenstein, che di logica si intendeva, ripeteva spesso che di quanto non si è capaci di teorizzare, forse, è meglio narrare. Vi ho provato.
 
Riporta a un moderatore   Loggato Loggato  
 
Ultima Modifica: 2014/08/20 12:07 Da PipPap.
  Per scrivere in questo Forum è prima necessario registrarsi come utenti di questo sito.
#8983
Caristofane (Utente)
Carpe diem!
utente platinum
Messaggi: 447
graphgraph
Utente non in linea Clicca qui per vedere il profilo di questo utente
Socio Nr.: 409 Sesso: Maschio Compleanno: 1964-12-15
Re:appunto 9 Anni, 8 Mesi fa Karma: 2  
Dalla riflessione al racconto (parabola?) il discorso rimane stuzzicante.
Si, è vero non si può dire che sia un’estate particolarmente calda, ma come ben sai la percezione del calore è soggettiva e certe situazioni lavorative e domestiche contribuiscono, a volte a elevare la temperatura, così… per me fa caldo!
Mi concedo qualche stacco per leggere queste tue prose che mi seguono fedeli sul telefonino a mo’ di spizzichi di sapere e di impulsi meditativi e mi concedo lo svago di una pausa di lettura per tornare con la mente alla fotografia.
La sera poi (quando il calore è svaporato), qualche lettura amena si incrocia con la storia della fotografia a far finta che sia vacanza. In questo momento è John Steinbeck che mi riporta, con la sua prosa, al periodo della grande depressione, che va di pari passo con la nascita del grande fotogiornalismo americano. Come poi si possa trovare sollievo nel leggere storie sulla Grande Depressione in questo periodo, davvero non saprei spiegarlo neanche io. Resta il fatto che Steinbeck è sempre Steinbeck!
Le vostre argomentazioni mi accompagnano poi nel ricordo delle accese (non di “furore” ma di passione) passate discussioni e con loro il ricordo di volti amici e momenti sereni e coinvolgenti.
Che altro dire… lavoro, leggo libri, faccio cose, ogni tanto scatto una fotografia per riconoscermi in ciò che mi rappresento. Ma finora mai avevo avuto incontri del tuo pari…
Beato te! Mi verrebbe di dire…

Grazie per questo coinvolgente racconto, ti seguo sempre e… cerco anche di comprenderti, quando posso!

Con affetto!

Emanuele C.

 
Riporta a un moderatore   Loggato Loggato  
 
E\' un\'illusione che le foto si facciano con la macchina... si fanno con gli occhi, con la testa e con il cuore.
Henri Cartier-Bresson

Chi non sa fare una foto interessante con un apparecchio da poco prezzo, ben difficilmente otterrà qualcosa di meglio con la fotocamera dei suoi sogni.
Andreas Feininger
  Per scrivere in questo Forum è prima necessario registrarsi come utenti di questo sito.
Vai all'inizio pagina Rispondi al messaggio
Powered by FireBoardscarica gli ultimi messaggi sul tuo computer!

Social network

Segui l'ACAF

instagram.png fb-art.png twitter-logo.png
youtube-128.png