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Re:"chiudi i neri" o "non chiudi i neri"? (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Re:"chiudi i neri" o "non chiudi i neri"?
#6960
Caristofane (Utente)
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Re:"chiudi i neri" o "non chiudi i neri"? 11 Anni, 11 Mesi fa Karma: 2  
Mettetevi pure comodi ... avete una domenica davanti ....


Cari Alberto, Pippo, Salvo, sembra ormai destinata a risolversi fra noi la “vexata quaestio” sui “neri” (senza razzismi), così brillantemente sollevata da Alberto.
Io ci provo a tirarmi da parte, a lasciare spazio, a porre quesiti aperti, ma sembra che nessuna voglia raccogliere…
Che gran peccato!

Per rispondere a miei quesiti Alberto me ne rimbalza uno ulteriore. Pertinente!
E allora iniziamo dall’inizio e decodifichiamo le domande: capire cosa faccio (facciamo) è per me importante, comprendere il percorso mi aiuta a intuire la meta e costruire un fine. Per questo devo (dobbiamo) aver chiaro innanzi tutto cosa facciamo (cosa “è” ciò che facciamo) e verso quale fine ultimo siamo diretti (cosa “vogliamo” fare). La fotografia è di per se un soggetto complesso: linguaggio, documentazione, arte? In questo linguaggio la semiotica non è univoca e prefissata, i modi di esprimersi possono variare e può variare il fine ultimo.
Inoltre prima di dire se il fotografo sia o meno un artista occorre capire cosa sia l’ARTE!
L’arte ha una codificazione sfuggente e non è ben chiaro a tutti cosa essa sia.
Fra le definizioni di “Arte” che si possono trovare in rete alcune sono complesse e parzialmente esaustive:
“L'arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme creative di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall'esperienza. Nella sua accezione odierna, l'arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni, per cui le espressioni artistiche, pur puntando a trasmettere "messaggi", non costituiscono un vero e proprio linguaggio, in quanto non hanno un codice inequivocabile condiviso tra tutti i fruitori, ma al contrario vengono interpretate soggettivamente. Alcuni filosofi e studiosi di semantica sostengono però che esista un linguaggio oggettivo che prescinda dalle epoche e dagli stili e che dovrebbe essere codificato per poter essere compreso da tutti, sebbene gli sforzi per dimostrare questa affermazione siano stati finora infruttuosi.
Nel suo significato più sublime, l'arte comprende ogni attività umana creativa di espressione estetica, priva di qualsiasi pregiudizio da parte dell'artista (o del gruppo di artisti) che compie l'opera rispetto alla situazione sociale, morale, culturale, etica e religiosa che le masse del suo tempo stanno invece subendo. L'arte indica l'espressione estetica della propria interiorità; in questo senso non v'è concetto di bellezza… (Wikipedia)
In cui ho evidenziato taluni elementi chiave che si trascinano in questa e in alcune precedenti discussioni portate avanti in questo stesso forum.
Altre assolutamente ermetiche e falsamente semplificatrici, quale ad esempio: “L’arte è tutto ciò che gli esseri umani definiscono arte!”
Il fatto è che il concetto stesso di arte si è andato via via modificando nei secoli, eppure conserva un’atemporalità indiscussa. Fa riferimento Alberto a Picasso, ma come confrontare il concetto di arte di Picasso (del Picasso della Guernica) con quello che portò all’esecuzione delle Stanze di Raffaello? E’ la stessa arte? E prima ancora quando l’artista era un semplice "artigiano" che eseguiva su committenza senza nemmeno firmare le proprie opere? Non era anche quella arte? (o quanto meno noi oggi la identifichiamo come tale)
Basta un pennello ed una tela per fare “arte”? Sicuramente no!
Serve, come giustamente dice Alberto, “tecnica”. O, come dalla su citata definizione, studio ed esperienza, ma ancora non basta. Occorre un’IDEA, aggiunge giustamente Alberto.
Salvo ci invita a liberare la nostra fantasia d’artista asserendo che la fotografia è “arte” (ma qui tornIamo alla domanda su cosa è la fotografia).
Pippo ci richiama ad “evitare la deriva espressionista” e cita un libro ed una mostra di e su Giacomelli: “la figura nera attende il bianco” richiamandoci a quel bianco e nero contrastato dai neri profondi e dai bianchi bruciati, che tanto affascina Alberto e che fu già di Giacomelli. ( http://www.arte.rai.it/articoli/mario-giacomelli-la-figura-nera-aspetta-il-bianco/1852/default.aspx ) Allo stesso tempo ci sprona a “ascoltare il richiamo del bambino che ci sta accanto”, forse per spronarci a seguire strade nuove o più semplicemente a ritrovare in noi la grazia e la freschezza dello sguardo innocente di un bambino. A liberarci dagli schemi rigidi pre-imposti ed a cercare la nostra personale strada (my own way!).
Condivido, ma con una postilla, occorre un “perché”! E qui vedo che Alberto mi da man forte, alla base della “devianza” occorre un’IDEA e un perché, insomma una motivazione a tale devianza per non lasciare la devianza sterile frutto di una occorrenza accidentale o di un vuoto esercizio di tecnica.
Alberto però mi parla di tradizione fotografica e dei bianco-neri di Bresson, Scianna e Gardin, ma c’è una differenza fondamentale caro Alberto di cui occorre tenere conto: quella era una scelta obbligata o comunque una scelta a monte del divenire fotografico. Oggi invece tutto parte dal “colore”: è a colori che noi fotografiamo col nostro digitale e la conversione in bianco e nero avviene a posteriori con tutte le possibilità che sappiamo, ma anche come modifica scientemente imposta di un originale "colorato". Cambia, e molto a mio parere, il senso fotografico di queste scelte, di queste nuove modalità operative, e di questo dobbiamo avere considerazione. Occorre far attenzione a quella deriva espressionista cui ci poneva in guardia Pippo, ma occorre anche notare che già oggi non esiste più un bianco e nero unico, ma possiamo dire (e vedere) che ogni fotografo ha il suo. Con i propri caratteri a volte criticabili, ma comunque personali. Occorre tenere conto che esistono virtualmente infiniti tipi di bianco e nero e infiniti modi di esprimere il colore.
Ecco che ci ritroviamo al punto di partenza: occorre capire cosa voglio fare e perché, e cosa voglio esprimere. Capito questo sta a noi trovare la modalità espressiva più confacente alle nostre esigenze. Se essa sia o meno una devianza poco importa, a mio modesto parere, se è quella migliore per portare il messaggio che deve, il messaggio ne sarà grato. E l'arte, forse, verrà da se...

Uff… ho saltato qualcosa (molte cose in vero), ma spero di aver chiarito il mio pensiero, ancorché filosofeggiando sofismi. Se poi qualcun altro volesse intervenire non potrà accampare scusa che tutto è stato detto o chiarito…

Buona domenica

Emanuele

 
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Ultima Modifica: 2012/05/19 17:45 Da Caristofane.
 
E\' un\'illusione che le foto si facciano con la macchina... si fanno con gli occhi, con la testa e con il cuore.
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Chi non sa fare una foto interessante con un apparecchio da poco prezzo, ben difficilmente otterrà qualcosa di meglio con la fotocamera dei suoi sogni.
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Re:"chiudi i neri" o "non chiudi i neri"? 11 Anni, 11 Mesi fa Karma: 2  
Ottimo riepilogo Emanuele,
mi permetto, nel tentativo di non essere ridondante di sottolineare le giuste domande che ti poni, a nome di tutti, e provare a rispondere, così per vedere dove potrebbero portarci!
Pronti? VIA!

Cosa facciamo?
Partirei rispondendo banalmente: "fotografiamo"!
Perché fotografiamo?
Beh altrettanto banalmente direi: "è un hobby lo facciamo per passatempo"!
Fin qui credo che, per lo meno in ACAF, ci si trovi tutti d'accordo!
Poi succede che ci piace passar tempo, ma ci piace farlo al meglio delle nostre possibilità, coscienti quindi di tutti i nostri limiti… Ed allora ci chiediamo pure, come il buon Emanuele ci fa notare: qual'è il nostro fine ultimo?
Credo di aver sentito con le mie orecchie più di una volta all'interno della nostra sala, che più o meno tutti utilizziamo la fotografia, quella che riusciamo a fare, per comunicare e per trasmettere al prossimo le nostre idee.
Quindi se usiamo la fotografia per comunicare, trasformiamo in segni il "cosa" che vogliamo condividere.
Con il tempo qualcuno di noi riesce anche a mettere insieme un proprio vocabolario, qualcun altro riesce pure a creare un proprio linguaggio.
Ed anche fin qui credo siamo tutti d'accordo.
Capita poi talvolta, che si riesca pure a trasformare il "cosa" in segno in modo tecnicamente ineccepibile, che questo segno sia pure carico di una certa dose di ambiguità e che tutto sia trascinato da un'idea generatrice.
Non se su questo concordate con me, ma a me è capitato di vedere in ACAF chi ci riesce con una certa facilità.
Allora stando alla teoria ed a quello che ci siamo finora raccontati, suffragati anche da una certa dose di scritti e parei importanti, capita quindi ogni tanto di essere capaci di fare "un po' d'arte"!(?)
Credo che, anche fin qui, dovremmo più o meno essere d'accordo!

Proviamo adesso a fare un altro passo avanti.
SUPPONIAMO di essere bravi davvero, bravi a tal punto da riuscire abbastanza spesso a soddisfare i requisiti sopra elencati e poterci quindi definire "artisti fotografi"!
A questo punto bisogna rispondere ad un'altra domanda.
Che arte facciamo? In altre parole se l'arte contemporanea è contemporanea appunto, noi in che fascia possiamo pensare di collocarci… Come dice Emanuele, a che punto siamo?
Domandona, direi!!!
Non credo di saper rispondere a questa domanda, ma provo a ragionare insieme a voi, un passo alla volta, cercando di farla più facile possibile!
Partirei dal concetto che l'arte contemporanea è testimone del nostro tempo, se noi siamo artisti (e stiamo supponendo per un attimo che lo siamo) allora siamo anche noi all'interno di questo flusso. Immaginiamo (con larga approssimazione) che l'arte contemporanea sia un lungo treno composto da tanti vagoni. Il treno dell'arte contemporanea viaggia, viaggia sicuro su binari che identificano un preciso tragitto e che passano da stazioni, ognuno delle quali identifica una precisa corrente artistica del passato sino all'ultima stazione oggi conosciuta. Sarebbe opportuno quindi conoscere la stazione in cui ci troviamo e sapere da dove veniamo e dove stiamo andando, se poi riuscissimo a sapere pure in quale vagone viaggiamo saremmo davvero a buon punto. Tutto ciò sarebbe certamente auspicabile, anche se non esattamente facile, ma, c'è un ma…
Sempre ipotizzando di essere fotografi artisti, ad un certo punto ci dovremmo chiedere se le immagini che produciamo ci soddisfano o no? Dovremmo chiederci se i nostri lavori non siano troppo rappresentative del periodo artistico in cui viviamo e peggio se non siano solo copie di qualcosa di già visto, anzi (siccome siamo bravi) dovremmo chiederci se le nostre foto non siano solo eccellenti copie di qualcosa di già visto. In questo caso la domanda successiva sarà, mi accontento di queste meravigliose "copie" o "mie interpretazioni" del già visto o voglio provare ad andare oltre?
Supponendo sempre di essere fotografi artisti figli del nostro tempo, se ci piace quello che produciamo allora stiamo viaggiando sul treno dell'arte contemporanea lungo il tragitto tracciato e certo in cui questo flusso ci porta, se siamo stanchi e cerchiamo invece "modi" alternativi dal "già visto", allora forse (magari, lo ripeto) stiamo iniziando a pensare di viaggiare su un binario diverso che un giorno potrebbe divenire il binario dell'arte contemporanea del domani, il binario dell'avanguardia o della devianza appunto!

…poi come d'incanto ci SVEGLIAMO dal SOGNO e ci accorgiamo che forse non siamo poi così artisti, ma il succo del discorso non cambia!!! Siamo stanchi di produrre fotografie più o meno viste o ci piacciano così come sono? Se siamo stanchi di vedere sempre le stesse "croci" nelle feste Pasquali o se siamo stufi di rivedere sempre lo stesso alberello solitario, o sempre le stesse figure in silhouette che si allontanano o si avvicinano lungo quel tunnel o quella strada buia, se siamo stufi di quelle scale o peggio di quei tramonti (cito alcuni dei temi più ricorrenti che bene o male tutti abbiamo fotografato, spesso anche con ottimi risultati), beh, allora dobbiamo chiederci come fare ad andare oltre, come fare a superare lo scoglio del già visto?

Per chi è stanco, credo sia importante provare a scardinare la nostra memoria, iniziare ad infischiarsene di qualche regola, rompere i nostri schemi, scardinare le nostre abitudini… non importa se si raccoglieranno frutti o no… ciò che importa è provarci!
Eamanuele a me piace pensare di voler andare in questa direzione. Ci riudirò? Non lo so, certamente è un percorso arduo, ricco di cadute, alti e bassi, "cadute di stile", banalità, gravi cedimenti al già visto e chissà quanto altro, ma mi diverte provarci e quindi…

A questo punto vi dico quali sono le domanda che mi sto ponendo (sulle quali si accettano consigli; "il fanciullino" è già sicuramente una splendida idea, così come il dialogo tra i bianchi ed i neri o il non cedere al manierismo sono certamente paletti da rispettare):
Come?
Dove cercare il cambiamento?
Al momento ci sto pensando, credo di poter dare "QUASI per scontato" solo che il "cosa" resta sempre immutabile nei tempi (anche se poi pure su questo ci sarebbe da discutere, l'idea di natura del medio evo è diversa da quella del rinascimento che è ancora diversa da quella di oggi), ed allora è sul "come" che si deve lavorare… Se ci pensate un attimo infatti non è forse il segno che racchiude la nostra idea?

Saluti… sono sulla strada giusta o sto solo ferneticando?

Alberto
 
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Re:"chiudi i neri" o "non chiudi i neri"? 11 Anni, 11 Mesi fa Karma: 2  
Ho poi verificato:

"un centimetro quadrato di blu, non è uguale ad un metro quadro dello stesso blu"…

Trattasi di Henri Matisse




 
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