Pronto? Mary Poppins? No, Mary Indelicato
Come un personaggio di Jane Austen o, se preferite, come la stessa scrittrice, Mary Indelicato ha maturato la sua passione fotografica restando fedele alla tradizione visiva dietro le sue spalle (e quindi la predilezione per il figurativo, la condivisione di quanto da tutti noi, insieme, osservato, l’individuazione di una bellezza come cultura).
Ma, proprio la fedeltà a queste radici, le ha comportato un’apertura mentale e visiva verso tutto ciò che è “la prima volta, che è “first”, che è “premiére”; che è “naiveté”. Un apertura verso un territorio assolutamente nuovo sul quale riversare le attenzioni della sua giovinezza e della sua modernità. Pertanto, un’apertura a tutto ciò che comporta uno stupore, un sorriso, una sorpresa, una scoperta.
I temi e gli argomenti affrontati col suo strumento fotografico sono stati spesso filtrati dalla sua vicenda personale di giovane donna, di moglie, di madre e, nonostante le derive, talvolta drammatiche, che hanno preso le sue sequenze (v. in tal senso l’impegno femminista), tutti i suoi lavori vengono subordinati e, consapevolmente, ricondotti ad una cifra stilistica dove il sentimento si fa eleganza di stile, raffinatezza di composizione, ricerca di un bello concreto e sperimentato.
Tutto questo, agli Acaffini, è assai ben noto: invece, annotiamo, in questa sede, il lusinghiero successo e la calorosa accoglienza riservata dal “le Gru” di Valverde - Circolo FIAF- EFI di risaputa tradizione e cultura fotografica – alla sua mostra sulla “neonatalità tra attese e sorprese”, un sorprendente lavoro, tra sequenze e immagini singole, laddove la poetica testimonianza si coniuga con la partecipata narrazione sfociando non solo in una proposta umanamente efficace ma anche in una riflessione eticamente corretta.
Lo stile è quello di Mary, sempre sofisticato (in senso buono) e sempre fotograficamente intellegibile; sorprende l’evidenza del significato visivo e la naturalezza della proposta; colpisce, inoltre, la forza del contenuto e l’efficacia della forma che lo supporta. Insomma, un linguaggio fotografico autorevole quanto maturo.
Trattasi di un bianconero morbido, luminoso, laddove la penombra e la sfumatura dei grigi, o, nella scelta del colore. la morbidezza delle cromie, allude e denuncia zone intense del sentimento e della psiche. La distribuzione dei ritratti, e quindi dei volti e dei gesti, e quindi delle allusioni significative, è ritmata da una cadenza semplice ma efficacemente descrittiva ovvero rivelatrice.
La nostra fotografa sa sintetizzare con rara perizia le emozioni con le preoccupazioni, le speranze con i lieti annunci; ed i suoi bimbi, forse, hanno gli occhi chiusi perché, per adesso, sanno che qualcuno sta guardando al loro mondo con occhi altrettanto buoni.
Chi vuol conservare una traccia del suo passaggio in questo pianeta, sa ormai a chi rivolgersi-
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