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Re:Bianco e nero o colore? (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Re:Bianco e nero o colore?
#7081
Caristofane (Utente)
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Bianco e nero o colore? 11 Anni, 10 Mesi fa Karma: 2  
In queste giornate di caldo estivo a volte la mente vacilla e porta a fare pensieri oziosi e forse paranoici...

Mi capita sovente scorrendo la galleria o guardando altri siti di trovare questa domanda: “Potrei vedere la stessa immagine in bianco e nero (o a colori, a seconda dei casi)?”
Partendo dal principio che oggi, in digitale, tecnologia questa usata dalla maggior parte dei fotoamatori a parte qualche rara eccezione, la fotografia nasce a colori: cosa porta un fotografo a elaborare la sua foto in bianco e nero? Perché priviamo un’immagine dei colori e in cosa differisce il bianco e nero dal colore dal punto di vista espressivo?
A parte le scelte puramente estetiche: “questa immagine mi piaceva di più in bianco e nero!”. Cosa porta ad una scelta che in parte ha fatto il suo tempo? Nel senso che il bianco e nero digitale non è lo stesso di quello analogico: spesso ipernitido o ipercontrastato, non presenta la stessa morbidezza e resa dei toni della vecchia pellicola, che soprattutto implicava una scelta irreversibile a priori. A parte questo cosa ci porta a privare l’immagine di una sua componente espressiva tanto forte e soprattutto perché?
Certo c’è nella nostra memoria visiva storica un vissuto bianco-nerista (mi sia passato il termine), un tempo obbligato, costellato di capolavori che ha lasciato un marchio indelebile nella formazione estetica di ciascuno di noi. Ma è solo un tentativo di imitare?
Si cerca solo una valenza estetica o c’è dietro una ricerca espressiva meditata a priori?
A volte la scelta sembra dipendere dal caso: questa viene meglio se lascio il colore, questa se lo tolgo e così via. Al punto che poi si vedono serie fotografiche o presentazioni o anche diaporami a contenuto misto: quella si, l’altra no…
Vista in quest’ottica la scelta è un po’ puerile e tutto sommato semplicistica, concettualmente poco valida, un po’ come scattare sempre in program. Un lasciar fare al caso, pigramente lasciato a un sovvenire non meditato e inaspettato che non depone bene per chi lo propone.
Meglio i casi in cui la scelta è a monte, programmata, o anche a posteriori motivata da esigenze espressive.
Il mio modus operandi è quello di dividere gli scatti in generi e modi espressivi: i paesaggi, le narrazioni di fatti reali a scopo documentale, le preferisco a colori. Il reportage con valenza di ricerca o le immagini a connotazione emotiva o concettuale (forse perché sogno in bianco e nero?) le preferisco senza il colore: le trovo più astratte, più lontane dal reale. E il ritratto? Non so bene a volte l’uno a volte l’altro, dipende dalla connotazione che voglio dare.
Certo il bianco e nero, privando l’occhio della distrazione del colore, rende più facile guidare l’emozione verso il semplice soggetto rappresentato. Spesso è più drammatico. Il colore talvolta parla un linguaggio differente che talvolta porta il linguaggio fotografico a prendere tangenti a volte diverse da quelle volute. Eppure anche il colore, oggi soprattutto, è governabile: posso passare da un ipersaturo via via ad una desaturazione quasi totale o anche selettiva (non amo molto queste ultime, ma è possibile), posso modificare la dominante e renderla più fredda o più calda, posso dare un viraggio verso le tonalità antiche da negativo scaduto o da stampa scolorita un po’ anni 70 (anche queste ultime, un po’ da Instgram, non le amo molto, anche se oggi vanno tanto di moda, ma a mio parere stancheranno presto). Eppure il colore non lo vedo variare così tanto come invece il bianco e nero. Di quest’ultimo si che ne vedo una infinita varietà!
Dunque torno alla domanda di partenza: perché bianco e nero?

Attendo le vostre risposte!

Emanuele

 
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Ultima Modifica: 2012/06/15 16:10 Da Caristofane.
 
E\' un\'illusione che le foto si facciano con la macchina... si fanno con gli occhi, con la testa e con il cuore.
Henri Cartier-Bresson

Chi non sa fare una foto interessante con un apparecchio da poco prezzo, ben difficilmente otterrà qualcosa di meglio con la fotocamera dei suoi sogni.
Andreas Feininger
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#7088
PipPap (Utente)
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“Dammi i colori” (dalla "Tosca" di Puccini)

Per quanto attorno a me l’amato mondo foto amatoriale si “vestisse” di professionismo sol perché utilizzava costosi rullini di diapositive, la necessità di risparmiare i pochissimi denari di cui disponevo risolse a favore del bianco nero la passione fotografica che io professavo decisamente a colori.
Ma da una necessità, sappiamo, può nascere una virtù.
Mi accorgevo, infatti, che dalle pellicole a colori, studiate per il b/n, stava venendo fuori una maggiore qualità di dettaglio e, soprattutto, una più ampia possibilità creativa (sia in fase di ripresa che in camera oscura) che il colore delle diapositive, assai duro quanto affascinante, non accordava.
La mia compagna di allora fu la ILFORD XP1 400, sia nella classica versione HP5 Plus, quella dei fotoreporter affermati, sia nell’aggiornata 400 Delta, studiata per interagire con le nuove elaborazioni chimiche, sia la XP2 400 (ma, per questa, non disponevo, per i motivi di cui sopra, di una testata-colore).
Neanche il tempo di imparare qualcosa (ed ho “speso” assai, troppo, ad imparare) che gli amici mi trascinarono sempre più verso la diapositiva e il metallizzato cibachrome.
Quei modesti esperimenti però sono rimasti fondamentali e mi fanno riflettere con cognizione di causa su quanto proposto da Emanuele.
Più che una proposta la sua è l’indice di una capacità di ascoltare il gruppo e, nel gruppo, il fotografo.
In particolar modo quello che dice “io, quest’immagine la sentivo in b/n; questa storia volevo rappresentarla in b/n”.
Cosa significano queste espressioni? Sono scelte estetiche consapevoli, maturate, sperimentate oppure affermazioni di principio, boutades, “colpi d’impunimento” “sparamenti di chiappira” et similia?

Ho un assoluto rispetto per ogni immagine fotografica se non altro perché uno sconosciuto signore/a me la offre in visione per comunicare; ciò detto, provo a ragionare sul pensiero iuzzocaninente.
Inizio col dire, d'accordo con l'amico, ma anche per esperienza personale, che indubbiamente c’è, nel nostro modo di proporci alla rappresentazione, un condizionamento storico: secoli di scrittura, di grafismi, di stampa, ci hanno abituato ad una superficie bianca che si rivela la terra da conquistare solo perchè qualcuno ci ha insegnato a leggere, e quindi, a scrivere.
Una matita, il più delle volte, ma anche una penna, furono gli strumenti dei ghirigori, delle chiose più o meno artistiche, con i quali esprimemmo la nostra velleità artistica.
Chi scrive è cresciuto di cinematografia in bianco nero ed i suoi primi amori sono stati Lorella De Luca di “Poveri ma belli” e Claudia Mori di “Cerasella” (con lire 50, alle arene estive, si poteva sognare solo con questo: ma è stato meraviglioso!). Ebbene, le calze infilate dalle mie star, quei piccoli anelli di leggerissima seta, e quel che veniva dopo, diventavano roba da hardcore solo per magia di grandi fotografi che rendevano palpabili quelle che erano solo trasparenze, e concreti quelli che erano solo sogni.
Ingrid Bergmann in “Casablanca” si illuminava in volto ogni qualvolta la luce di una porta aperta si proiettava sul suo dolcissimo profilo, ogni qualvolta il fumo della sigaretta di Bogart la dissolveva in un sospiro.
Ma trascurando queste “adolescenzialità” il bianco nero di “Ombre rosse” (non c’è ossimoro) e le ombre cronologicamente esatte e calcolate di “Mezzogiorno di fuoco” mi chiarirono che le risorse del bianco nero erano infinite quanto la disponibilità delle mie adesioni emotive. E ci accorgevamo subito se la pellicola era sporca, invecchiata o il proiettore fuori fuoco o non in bolla ( e che fischi!).
Ecco: Tornatore saprebbe dirvi come nasce una formazione in bianco nero.
Posso solo aggiungere che ho studiato l’Iliade e l’Odissea illustrate da Gambelotti e la Commedia da Gustavo Dorè, rigorosamente in bianco nero.
La televisione, altra maestra (?), è stata per tanto tempo in bianco nero, soprattutto la pubblicità che la medesisma veicolava, e che aveva risolto splendidamente in grafia ed in ritmo la mancanza di colore (esemplari gli abiti delle annunciatrici televisive che avevano il terrore di apparire in divisa).
Fa bene, pertanto, Emanuele, a dire che “c’è nella memoria storica di tutti noi (di molti, almeno) un vissuto bianco-nerista, quasi un tempo obbligato, che ha lasciato il segno in ciascuno di noi.
Non dimentichiamo che I rotocalchi di un tempo lasciavano al bianco nero le tematiche seriose e al colore quelle più frivole o di natura dilettevole.
Questa memoria ha certamente inciso, e profondamente, sulle scelte che ancora adesso effettuiamo.

Ma vorrei spostare l’attenzione su un profilo squisitamente fotografico.
Innanzi tutto sfatare il mito che realismo, verità, cronaca, vanno di pari passo col bianco nero.
Fin dagli esordi della fotografia si trattò di recuperare i bianchi bruciati ed i neri troppo chiusi che si mangiavano il reale sottraendo informazione e liberando le fantasie.
Non dimentichiamo, poi, che col bianconero si disegna di più e si recupera, spesso, solo l’accenno di ciò che va emergendo a livello cognitivo.
La quantità di informazioni che il colore fornisce rende, invece, complessa la visione arricchendola di carichi iconici e simbolici che dobbiamo condividere, laddove l’apparente povertà ed astrattezza del bianconero ci sbatte davanti l’evidenza dei problemi trattati (Pulvirenti docet!).
Il marinaio morto, che l’equipaggio della portaerei affida alle onde, è un crudo corpo inerte avvolto in una bandiera e W.E._Smith non può chiedere nessun aiuto ai colori del cielo, del mare, della bandiera e della nave.
I colori sono scelte anche simboliche, oltre che strumentali accorgimenti.
I colori significano, scambiano contenuti, li conservano implicitamente, li contraddicono a volte. E la grammatica dell’immagine si complica. E’ un caso che il segno nudo nasce da un utensile e i colori sono un “dono” della materia/natura?

Ma Emanuele vuol sapere se è casualle la scelta tra bianco nero e colore, atteso che, la macchina, il computer ci permette di gestire automaticamente ed autonomamente le differenti scelte.
Da ciò che ho detto in precedenza “non può mai” essere un caso: due esempi a tutti noti.
Rossella Fernandez fotografa i devoti di Sant’Agata, raccogliendoli in differenti positure, tutti sullo stesso piano, quasi in mostra, quasi in vetrina, conservandone la drammatica compostezza in un disordine effettivo. Non ci fosse il bianco nero non ci sarebbe interpretazione del reale, non ci sarebbe racconto, non ci sarebbe concentrazione visiva ma solo dissipazione di contenuti, di accadimenti, di volti.
L’immagine del bambino che suona il tamburo al mercato ittico, di Sergio Fichera, giustamente stampata in b/n, non perderebbe la concretezza del suo impianto , anzi, qualora fosse rappresentata a colori.


E poi, quale colore? La restituzione microscopica della macrofotografia o le scelte non realistiche dei viraggi, delle polarizzazioni, delle saturazioni, e via discorrendo?
Quindi, bando alla casualità ma attento esame al “come”, la nostra espressività, la nostra poetica, è ben utilizzata.
Emanuele né è assolutamente consapevole: sorride e parla, temendol il ricorso allo “scatto program”.
Poi, da amico dei fotografi, tenta un possibile percorso muovendo dal confronto e dall’esperienza personale.
Vi invito a rileggere quanto da Lui scritto perché è un esempio concreto di come si possa progettare, a tavolino, una scelta di poetica (“il come”) adeguata.
Lo avete riletto? Bene.
E, ciò nonostante, torno a rammentarvi che ogni cromia, tutte le cromie, non sono facili da definire ed adottare: in ogni cultura le concepiamo e le definiamo sempre secondo l’ambiente , la storia, le tradizioni.
Dal National Geographic non ci aspettiamo b/n; dai seguaci di Ansel Adams, si, anzi li pretendiamo.
Quindi, niente di assoluto.

Perché parlare di colore è innanzi tutto parlare della storia infinita delle parole e dei fatti legati alla lingua; di chimica, di pigmenti, di tecniche di pittura e di tintura (provate a fare un servizio fotografico sui risultati di un coiffeur: in b/n finiremmo per parlare del suo lavoro; a colori delle sue clienti).
E’ anche parlare del posto che il colore ha nella vita quotidiana, dei codici e dei sistemi che l’accompagnano,dei regolamenti provenienti dalle autorità, dalle morali e dai simboli che provengono dalle religioni.
I colori fondamentali, di base, sarebbero appena sei ma i simboli che a loro si ricollegano, ovvero ciò che l’umanità scambia attraverso di essi, sono di molto di più ed , a volte, in contrasto tra loro.
Il sottoscritto, per il suo lavoro indossa una toga nera, che sa tanto di lutto quanto di autorevolezza (????)
“Il significato dei colori ci sfugge, e lo depositiamo solo nelle cose che indichiamo e riconosciamo” (Michel Pastoureau).

Ricorrere alla tradizione dei generi e dei modi espressivi può risultare una via possibile ma ci allontanerà dall'originalità e dalla scoperta.
Ghirri fotografò sempre a colori perché così il mondo era stato così creato e lui così voleva riconoscerlo: una creatura.
Giacomelli rifiutava il colore perché era nato tipografo ed ogni sua rappresentazione era una cicatrice che andava rimarginata: era una scrittura.
Il colore è l’arma di Walt Disney ma il “Terzo uomo” è il b/n di Orson Wells e di Alida Valli.
Bella forza direte voi. Ma qualche Alida in giro c’è. Un po’ meno gli Orson.
Chiedo venia al gentil sesso (a colori ed in b/n), e, ritornando all’amico E.C,. richiamo l’attenzione all’amato mio termine, di “connotazione” anche da lui adoperato.
Grazie per l’incontro (PP)
 
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Ultima Modifica: 2012/06/19 16:55 Da PipPap.
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#7089
Caristofane (Utente)
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Re:Bianco e nero o colore? 11 Anni, 10 Mesi fa Karma: 2  
E' un po' come andare a pesca... a volte mi piace gettare l'amo e vedere cosa abbocca... passano i giorni, cresce la delusione, questa volta l'esca era quella sbagliata... ma poi... eccone uno... accidenti quanto è grosso... è mio!

Scusa Pippo se ti paragono al pesce, ma provo, lo confesso, un enorme soddisfazione ed orgoglio quando riesco a "pescarti"!

Scherzi a parte, ti volevo ringraziare.
Perchè quando si muove una questione, ci sei.
Perchè quando c'è un dubbio, ci sei.
Perchè quando si tira fuori una discussione nuova sei sempre pronto ad intervenire con competenza e puntualità (e che interventi!).
Perchè sei amico dei fotografi.
Perchè sei disponibile.


E però... sarebbe bello che ognuno dicesse la sua e Pippo facesse la chiosa, lo scambio e la crescita di ognuno di noi ne trarrebbe profitto... va bene, sarà per la prossima esca!


Il piacere è stato tutto mio.

Emanuele

 
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Gae84 (Utente)
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Re:Bianco e nero o colore? 11 Anni, 10 Mesi fa Karma: 0  
Ciao Emanuele,
condivido in parte il tuo discorso interessantissimo sulla scelta del Bianco&Nero/Colore.....
Credo che tutto dipenda da una variabile molto diversa da soggetto in soggeto, che è la sensibilità del fotografo.....dove, cosa e come lo vuole mostrare ciò che si realizza......
La fotografia in Bianco e Nero, già la si deve vedere in quel modo quando si scatta, nasce così perchè il fotografo l'ha vista così o perchè il progetto realizzato in quel momento ha sposato meglio il BiancoNero piuttosto che il colore........non da un scelta successiva e in fase di post produzione, che a quel punto diventa una scelta di puro estetismo...le fotografie per prima cosa sono fatte per noi e non per gli altri, prima di tutto devono piacere e appagare noi stessi e poi eventualmente gli altri...........
Forse parlo così, da accanito sostenitore del bianco nero, sia digitale che a maggior ragione a pellicola, per mia espressione naturale a quello che mi da il bianconero, riportando anche la tua frase sull'argomento "privando l’occhio della distrazione del colore, rende più facile guidare l’emozione verso il semplice soggetto rappresentato"...per questo scelgo spesso questa strada...indirizzo l'osservatore verso quello che voleva essere il mio punto di vista......
In questi giorni ho deciso di accontentare degli amici, dopo varie richieste, di voler vedere una mia foto che era in b&n a colori.................bene a tutti è piaciuta quella a colori, ma la maggior parte non ha visto qual'era il soggetto principale di quella foto, cos'era che io avevo visto in quella foto, tutto qst perchè era distratta/attratta dalla miriade di colori presenti..............
Perchè Bianco&Nero? perchè mi permette di esprimere meglio le mie sensazioni, focalizzare l'attenzione sul soggetto principale e rendere quell'istante immutato nel tempo, cosa che a mio avviso il colore non ti permette di fare......

Alla prossima, e interessante spunto di riflessione......

Saluti,
Gaetano.
 
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#7091
alb.o (Utente)
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Re:Bianco e nero o colore? 11 Anni, 10 Mesi fa Karma: 2  
Quesito interessante e stimolante, so già che sarà oggetto di approfondimenti personali durante la prossima stagione, anche se già inizio a fare i primi esperimenti.

Il COLORE! Ma che cos’è il colore?
Possiamo trovare tutte le definizioni che vogliamo, ma certamente il colore è qualcosa di talmente radicato in noi ed all’esistenza umana, che in nessun modo può essere appieno definito. E’ certamente un assioma, un aspetto legato alla quotidianità della nostra vita talmente radicato e talmente certo, che immaginare di privarcene sarebbe come privare dell’aria da respirare l’intera umanità (eccezioni escluse, ovviamente).
Il problema è proprio qui! Come fai a capire e conoscere qualcosa che sai di conoscere già? Come fai a definire con precisione un FATTO così OVVIO? Eppure dietro al colore si contano pagine e pagine di letteratura, di testi scientifici, di dipinti, di immagini, di documenti ed opere d’arte che sarebbe impossibile calcolarne il numero… TUTTO E’ COLORE!
Ed allora che si fa?
Come si pone il fotoamatore di fronte a questa ovvietà? Con quali occhi va visto il colore, con quale attenzione va trattato, con quale riguardo va curata un’immagine?
Certamente dal punto di vista squisitamente fotografico il “come” del fotografo giustifica l’uso che del colore si dovrà fare, dice bene Pippo (come sempre), ma il problema non può essere risolto così… Ossia è certamente una partenza, ma non basta, non è sufficiente… Il colore devi prima conoscerlo a fondo, non basta accontentarsi di ciò che si pensa di sapere, in quanto ovvio o naturale per poter entrare e decidere di assecondarne o stravolgerne le regole… No, non credo sia sufficiente! Me ne sono accorto a mie spese! Come faccio a far diventare il colore strumento di espressione del mio “come”?
Ne parlavo con Salvo Canuti qualche settimana fa… Quando sei in Inghilterra e sei costretto a parlare l’inglese, riesci ad afferrarlo in tre mesi, sei costretto dal semplice fatto che non riesci a comunicare con gli indigeni e ne hai assoluto bisogno… Se invece sei in Spagna e devi imparare lo spagnolo, le cose cambiano. Per agguantarlo come si deve ci metti cinque o sei mesi. Il motivo è semplice, credi già di conoscerlo. Parlare in Spagna con uno spagnolo è semplicissimo, basta parlare in italiano e lui capisci benissimo, basta che lui parli in spagnolo e riesci a seguire il discorso per filo e per segno… insomma lo dai per scontato ed impieghi di più!
Beh! Il bianco nero per chi si avvicina alla fotografia attraverso un corso base di fotografia (come ho fatto io) rappresenta l’inglese, il colore invece è lo spagnolo. Così come tutti, da bravi corsisti, iniziamo a studiare il bianco nero, lo approfondiamo… con il tempo arriviamo fino all’osso ed all’essenza del problema, arriviamo persino a dominarlo (forse o per lo meno si spera) ed a piegarlo a secondo del nostro “come”. Il bianco nero scelto diviene strumento per trasferire messaggi ed emozioni.
Beh! Per farlo con il colore, bisogna ricominciare tutto da capo, affrontarlo come abbiamo affrontato il bianco nero, cancellare tutto ciò che diamo per scontato e che con il bianco nero semplicemente non esisteva per il semplice fatto che nulla era scontato. Bisogna riuscire a carpirne l’essenza, farlo nostro, respirarlo, interpretarlo fino a riuscire a dominarlo. Solo quando si è in possesso del vero significato del colore (o forse del significato vero da noi riconosciuto come tale) così come accaduto per il bianco nero, si può pensare di dominarne l’utilizzo. Solo quando si ha perfettamente chiaro cosa e come esprimere qualcosa, si può ambire ad utilizzare il colore (o il bianco nero) come strumento espressivo… altrimenti, mi spiace, ma si resta solo schiavi del primo applicativo o softwerino di turno e nulla più di questo!
L’invito che faccio a me stesso ed a tutti coloro decidessero di raccoglierlo per la prossima stagione, è proprio questo: “imparare del COLORE”! Dopo di che si vedrà. Magari capiremo che il nostro vero ed unico strumento sarà il bianco nero, per i motivi (tutti validi) che ha chiaramente espresso Gaetano e nei quali mi riconosco parecchio seppur non in toto, oppure scopriremo che il mondo colorato è quello che ci rappresenta meglio… o forse cosa che con ogni probabilità succederà, arriveremo banalmente a ritenere che per alcune esperienze è più idoneo il bianco nero e per altre il colore!
L’importante però è conoscere e poi scegliere, essere consapevoli di ciò che si crede sia più giusto!

Buon lavoro a tutti, torno a studiare lo spagnolo!

Alberto
 
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