“It is not time to smile” …. la musica me la ricorderò poi.
Ho riletto le sciocchezze con le quali ho creduto di intrattenervi, in questo sito, nei giorni trascorsi.
Confesso che ero e rimango in assoluta buona fede.
Intendevo solo coltivare, in questi giorni di forzata clausura, la nostra comune passione e parlare d’immagini, di fotografi e di sogni vissuti, magari ad occhi aperti.
Mi ero illuso che i miei eroi mi avrebbero accompagnato in questo duello con la storia; e nei post precedenti mi ero fatto aiutare da Cavalli, Penn, Erhardt, Smith e C.
Così facendo, pensavo di introdurre un sorriso in questo tempo sospeso, dilatato eppur disperso.
Credevo di fare come Charlot che solo alla fine di “luci della città” chiede al suo antico amore “Tu vedi?” cercando, ormai, un assoluto sorriso di conforto, forse, un baricentro.
Come Luigi Ghirri, in “Identikit”, mi guardavo attorno per cercare nelle “cose” , nel "quotidie” il mio volto.
Ci avevo preso gusto, ma non era vero niente.
Le persone attorno a me, anche chi ha ancora voglia di leggere queste parole, hanno paura, non sorridono, sono tristi. E non saranno le mie presunte amenità ad allontanare i loro giustificati timori e le loro allarmate preoccupazioni.
Ma io, cari amici, sono fatto così. Devo sorridere sempre.
La scomparsa di Giulia mi ha fatto ripensare all’immagine di “Silvia”: e quando scopri che il dramma può farsi poesia per lenire il dolore innocente, per condividerlo, allora ripensi che i tuoi giochini, più o meno eruditi, non hanno valore alcuno , sono solo flatus vocis.
Io mi fermo qui.
Come diceva un mio amico, lascio ad altri, più capaci di me, a voi, que
che non ho saputo fare e quello che farete.
Io, per adesso, sorrido con gli occhi chiusi.
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