Confrontiamoci (e verifichiamo)
L’amico Cosimo, opportunamente, presenta la fotografa Carmen Cardillo, per il rituale “appuntamento in rosso” dei Matedì ACAF.
Sottolineiamo “l’opportunamente” poiché, da tempo, avvertivamo la necessità di confrontare la nostra esperienza fotografica amatoriale con l’impegno corrispondente di chi la vive, invece, sotto il profilo accademico, educativo e formativo
In effetti, abbiamo constatato, di là delle esperienze e delle risorse condivise, un diverso atteggiamento di fondo che, nel tempo, diventa metodo, criterio, cultura, proposta e manifestazione artistica.
Che cosa intendiamo dire? Semplicemente che dalla serena, chiara, evidente confidenza professionale accordataci dalla nostra amica, docente presso la locale Accademia di Belle Arti, c’è giunta una testimonianza e un messaggio che “mette a fuoco” la rigorosa necessità di conoscenza tecnica per padroneggiare lo specifico fenomeno del fotografico e, così, indirizzare l’intima creatività ormai supportata da una raggiunta, ma continuamente analizzata, poeticità.
La nostra Carmen ha adoperato solo una volta questa espressione - la mia poetica - quasi nascondendola con discrezione e pudore, ma l’ha pronunziata con evidenza, quasi a riaffermare con forza la consapevolezza del suo agire da artista “tout court”.
Invero, a volte scambiamo la poetica personale con il soggettivo privilegio attenzionale accordato a certe tematiche; non è così.
Invero, a volte la scambiamo con lo stile personale che faticosamente maturiamo nel tempo; non è così.
La poetica è la risoluta scelta di un modo di operare consapevole e libero, cercando, all’interno di questa scelta, i valori o, se volete, i risvolti, le sorprese, le scoperte che, poi, ci guideranno, ci orienteranno, ci illumineranno nel nostro percorso artistico - esistenziale, trasformandolo in un servizio che renderemo agli altri ma soprattutto (non dimentichiamolo) a noi stessi.
E così il legame col territorio – ritorniamo in cronaca - non si esaurisce nella pur preziosa indagine neopaesaggistica ma diventa attenzione politica, rilevamento di contraddizioni, raffronto esistenziale, linguaggio metaforico per intercettare nuove denunce e rivelazioni.
Le ”acque di Sicilia", ieri sera, ci sono apparse come l’artistica ricerca di un angiologo che sulla materia corporale della nostra isola “traccia”, individua, gli aurei filoni dei suoi vasi e delle sue arterie individuandoli come momenti o spazi in cui lo sguardo e l’energia s’incontrano per necessità e con difficoltà.
Anche noi siamo “contesti” di questi ingorghi, nel tempo di un calendario che declina il nostro tempo nel grigio di una scomparsa come pure nello spazio di una piramide capovolta, quasi un imbuto dove “discenderemo nel gorgo, muti” (E. Montale). E così l’oil way incontra il fabbisogno energetico ma al bisogno di risorse e al liberante desiderio di penetrare il nostro spazio e il nostro tempo, la nostra ospite aggiunge un’altra ricerca maturata serenamente, anche, sotto l’ispirazione innocente della sua bimba.
Siamo davanti alla rappresentazione di una ricerca identitaria dove il “volto della persona”, e non di un corpo, si raccoglie e si riafferma all’interno e sulla superficie di un foglio di carta bianco, un semplice foglio di carta bianco, accartocciato dal capriccio, piegato secondo il verso dei ricordi, orientato secondo i nuovi ritmi degli origami; che potrà vivere su un tavolo, volare, nuotare o finire per terra.
Il flusso di considerazioni, di suggerimenti, di contaminazioni di pensiero e le riflessioni generate da questi lacerti cartacei, apparentemente strappati alla fantasia o al sogno, si è fatto tangibile esperienza sotto gli occhi dei presenti.
Presenti che l’hanno seguita nell’interscambio di progettazione artistica realizzato con Clementine Carsberg durante la residenza d’artista vissuta a Villa Toesca. La nostra ospite con semplicità ci ha presentato un’esperienza che, in altri contesti, avremmo fatto fatica a comprendere ma che, vissuta in diretta, abbiamo condiviso come testimonianza di un’idea che matura e si fa manifesta nel suo iter progettuale e nella sua necessità di rivendicarne la validità artistica.
Quindi, e per concludere il racconto della preziosa esperienza narrataci da Carmen Cardillo, mi pare opportuno raccoglierne l’invito a non disperdere il “quoziente” artistico, evidente o nascosto, di ogni nostra operazione fotografica; anzi, di partire da quello per garantire la sincerità dei nostri lavori e la genuinità delle nostre proposte, assai spesso interrotti sulla soglia dell’esperienza artistica e, troppo spesso vissuti tra mera teoria e altrettanto mera pratica sociale.
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