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Alberto Privitera: tra santi e farfalle (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Alberto Privitera: tra santi e farfalle
#9861
PipPap (Utente)
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Sesso: Maschio Ubicazione: catania Compleanno: 1952-11-11
Alberto Privitera: tra santi e farfalle 7 Anni, 1 Mese fa Karma: 9  
Silvana Licciardello stimola e suggerisce, per i “verdi” martedì acaffini, le proposte fotografiche di Alberto Privitera. Una presenza, per quanto a me noto, sempre attiva, consapevole e propositiva nel mondo foto amatoriale catanese.
Un foto amatore formatosi nel gruppo storico dell’A.F.E., guidato da Giovanni Balsamo, e perfezionatosi presso tutte le stanze culturali, compresa la nostra, rinvenute nelle istituzioni catanesi presenti ed operanti fotograficamente nel territorio etneo.
Già conoscevamo i suoi audiovisivi sul paesaggio siciliano, abbiamo saputo della sua volontà di vivere il c.d. “viaggio fotografico, un’ esperienza che ci interessa conoscere. Ieri sera, invece, ci siamo intrattenuti, una volta ancora, sul tema delle nostre “feste religiose siciliane, e su alcuni sorprendenti risultati di macrofotografia.
La selezione proposta non voleva fare il verso, né il confronto pedissequo, alla celebre scuola fotografica siciliana dei Minnella, Leone, Scianna e compagnia bella; non c’era nel lavoro del nostro Alberto alcuna ricognizione documentativa del carattere antropologico, demologico o folkloristico delle nostre feste (per quanto tale ricerca è nella capacità e nelle risorse culturali del nostro).
C’era, invece, la sincera volontà di conoscere questi eventi, questa manifestazione di incontro collettivo dove “l’es” della gente siciliana esplode in una teatralità che devi penetrare con diligenza ed acume, liberandoti dalla sorpresa e dallo stupore.
Fede e pensiero laico, fiori e caciotte, ceri e archi di luce, sai e merletti, suoni e danze, costituiscono un magma di colori nei qual si fa fatica a trovare un baricentro,
Ma ecco che il nostro Alberto, prendendoci per mano, ci regala una chiave interpretativa del suo stile e della sua poetica: “mi interessava incontrare la gente, non guardarla da lontano e sorprenderla, ma viverne in consonanza le emozioni, coglierne non solo il dato visivo ma anche quello sonoro e quello olfattivo”.
Una fotografia, quindi, che vuole stare dentro la folla, sotto la vara, sotto le fasce, sotto i copricapo, sotto le tonache se fosse possibile; che vuole, quindi, incontrare la Festa con la “effe” maiuscola.
La sua scelta è stata coerente con il risultato fotografico ma, inevitabilmente, a mo’ di ciliegina sulla torta, è stato raccontato, anche, il barocco del nostro paesaggio, il legame delle feste con le stagioni e quello con le speranze dei “più” giovani e dei “più” vecchi.
E si è confermato, a mio sommesso parere, un carattere che spesso individuo nella compagine dell’A.F.E. ovvero un atteggiamento tecnico fotografico di attenzione al cosiddetto “gesto fotografico” ovvero rispetto dello strumento come complemento dell’occhio che si risolve, poi, in ciò che chiamiamo colpo d’occhio, punto di vista, privilegio di piani visivi; ovvero e ancora, volontà di voler leggere l’evento come ricostruzione visiva da proporre fotograficamente muovendo da presupposti inusuali.
Ovviamente questo non significa concludere tutta la ricerca tecnica della ripresa e della rappresentazione fotografica: come è stato “giustamente” annotato dal nostro Ciccio Barbera, una maggiore cura dei bilanciamenti tonali avrebbe valorizzato il risultato finale – secondo alcuni, per dovere di cronaca, penalizzato dalla qualità del proiettore utilizzato - .
In questa sede mi preme, allora, sottolineare che non è l’aspetto “complessivo” della tecnica di cui disponiamo a interessarmi in termini di valutazione (per quella non ci sarà mai fine sia in termini di soggettive interpretazioni sia in termini di oggettive risorse tecnologiche).
Mi interessa, invece, intrattenermi in quella vicenda che gli antichi greci chiamavano “TECNE’”non disponendo dell’equivalente parola “arte” e quindi, un atteggiamento maturatosi per il raggiungimento estetico di un risultato, e quindi la coscienza, la consapevolezza, di star lavorando per l’ottenimento di un quoziente estetico. Il tecnicismo dello specifico fotografico sta al servizio di questa esperienza che, si badi bene, è doveroso conoscere e possedere, come insegnava il grande Cavalli, perché poi, si finisce per non riconoscere l’autore, la sua autorialità ed il suo stile.
L’annotazione, perspicace e pertinente, di Barbera va, quindi, opportunamente accolta ed approfondita e alla fine, e solo alla fine, utilizzata ai fini di una valutazione critica oggettiva.
Altrimenti dobbiamo citare in processo anche i proiettori, i monitor e le apparecchiature fotografiche.
 
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Ultima Modifica: 2017/03/23 08:15 Da PipPap.
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