Attaccamuni i scarpi stritti!
Ritorno e inauguro il nuovo anno di questa rubrica, con decisione e partecipazione, confidando nell’aiuto dei soci perché diventi una sorta di “diario” critico, sincero, divertente del nostro anno sociale.
Il primo "martedì"di ieri è stato come il ritorno a scuola: ci si rivedeva sapendo che ci eravamo lasciati alle spalle tanto lavoro e tanti risultati ma consapevoli che tanto resta da fare per saziare il comune desiderio di conoscere quel mondo che sta davanti ai nostri occhi ma anche da qualche altra parte.
In questo desiderio di conoscenza la testimonianza di Cosimo Di Guardo, una testimonianza forte e generosa, brilla come un patrimonio comune, come un esempio.
Il gruppo gli riconosce che il tempo che ha donato con disinteresse e con abnegazione all’associazione ha bisogno di essere “liberato” per altre necessità, e allora, giocoforza,
muove nel ringraziamento più affettuoso e riconoscente e accoglie le sue indicazioni di proseguire nella migliore tradizione dell’ACAF.
Cosimo è con noi, accanto a noi, pronto all’ascolto e allo scambio di esperienze: come sempre.
Di quel sempre, ieri, alcuni di noi, hanno pensato bene di raccogliere le riflessioni - proposte da Salvo- e strutturare gli impegni, gli spazi, e, perché no, le ambizioni a venire.
Non voglio farvi la cronaca della serata. Mi sembra opportuno, però, rilevare alcune cose che per gli anziani saranno acqua calda e per le nuove leve potrebbero apparire, magari, retoriche: sono emersi nella presentazione e nel conseguente dibattito, il senso di orgoglio della nostra tradizione, la volontà di difendere quanto di buono si è fatto in questi trenta anni, l’entusiasmo per proseguire in questa passione.
Ripeto: orgoglio, entusiasmo, passione.
Eppure l’evidente e condivisa constatazione di questa realtà sarebbe privata dei suoi possibili risultati se non fosse affiancata dalla ricerca, dallo studio, dall’impegno, dal divertimento che nasce dalla consapevolezza di una povertà che vogliamo capovolgere in ricchezza: abbiamo tante immagini nel cervello, negli occhi, nel cuore e vogliamo regalarle “all’altro”.
Da qui l’imperativo categorico, per i responsabili e per tutti, “dell’ascolto” delle istanze e dei bisogni di ogni socio per anticipare i dubbi, per prevenire gli scoraggiamenti, per condividere le soddisfazioni.
Da qui la necessità dello “scambio” che è sempre la conseguenza del dialogo, del confronto, del dibattito, anche quando è forte, polemico, radicale.
Come in tutti i processi comunicativi e di apprendimento occorre che il piano di lavoro sia condiviso perché voluto e accettato, occorre che le distanze culturali siano azzerate, occorre la coscienza che tutto è fatto nello spirito dell’arricchimento reciproco e specifico, e del dono.
Potrebbero sembrarvi espressioni da comunità religiosa: ma di quell’esperienza vorrei rubare solo la dimensione dell’ascolto e della democrazia che, invero, nella nostra associazione non sono mai mancate, ma che occorre rendere più evidenti e condivise (specialmente quando si sbaglia).
Gli organigrammi, e i programmi, sono stati presentati con la giusta allegria, e con l’umore opportuno: il seminario si coniugherà con l’uscita fuori porta, la mostra con la pizza sotto casa, l’impegno comune con la condivisione comune.
Abbiamo le persone giuste, prendiamoci gli spazi che ci occorrono e godiamoci il tempo che avremo liberato piuttosto che il tempo libero che ci vendono.
Pertanto, sorridenti e fiduciosi, attacchiamoci i lacci delle scarpe e … procedamus.
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