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Miriam Scalisi ed i suoi angeli caduti (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Miriam Scalisi ed i suoi angeli caduti
#10743
PipPap (Utente)
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Sesso: Maschio Ubicazione: catania Compleanno: 1952-11-11
Miriam Scalisi ed i suoi angeli caduti 1 Anno, 4 Mesi fa Karma: 9  
“Un angelo caduto in volo”, e le note e le parole di Mogol-Battisti, (“Mi ritorni in mente”), quasi un battito d’ali”, mi riportano alla “mia” giovinezza. Appartengono, infatti, queste parole, a un “tramite, ad un annuncio, ad una relazione, ad un contatto nuovo e differente, che le immagini alle pareti, intendono, con grazia leggera, stabilire o, quanto meno, lasciare intravedere. Sto cercando, per chi non l’avesse capito, di introdurvi ulteriormente alla, decisamente bella, mostra fotografica che la giovane Miriam Scalisi ha offerto alla comunità acaffina per inaugurare il ciclo di Mostre interne del nostro sodalizio; mostre, quest’anno, curate da Roberta Giuffrida. Introdurre ulteriormente perché proprio Roberta, assai egregiamente, ha spinto ed introdotto la nostra Miriam ad uscire dal suo riserbo e confrontarsi con gli occhi degli amici, accompagnando peraltro questo esordio con una nota (alla quale vi rimando) nella quale non sappiamo se apprezzare lo stile della cronista o la perspicacia della critica. Seguirò anch’io il suo metodo, ovvero muovere dal “cosa, come e perché”.
Ai nostri occhi, quindici fotogrammi a colori - compositivamente disposti, prevalentemente (?), in senso orizzontale con evidente volontà narrativa artistica (ma con chiaro aggancio narrativo tematico di tipo personale)- ci parlano iconograficamente di “angeli” per niente sospesi tra nuvole leggere ma, assecondando la loro grazia e bellezza, sono posati sulla comune madre terra; quella terra che similmente alla loro natura è proprio bella, ricca di elementi simbolici, portatrice di richiami, desideri, aspirazioni. Chi sono gli angeli? Ce lo domandiamo insieme alla fotografa: sono solo dei simbolici custodi della relazione tra il nostro visibile mondo fisico e l’immaginato reale metafisico? sono forse il ricordo di un contatto perduto che cerca ancora, nella scoperta e nell’evidenza di un sentimento nuovo eppure sempre naturale, il senso da dare alle nostre domande?
Se guardiamo alla iconografia tramandataci dall’esperienza artistica visiva (ma anche musicale) gli angeli sono immagini-entità-esseri vicini a quella divinità cui abbiamo conferito una volontà creatrice; sono i custodi e gli esecutori del suo progetto; sono la raffigurazione dell’eterna costante volontà di “relazionare”, sono i portatori disponibili per un annuncio rivoluzionario. Eppure son anche l’immagine di coloro che, pur confidando nel senso della loro missione, non sono stati capaci di sopportarne il peso, la luce, la grazia. Sappiamo che sono caduti nella “tentazione” di capire l’umana libertà di pensiero e nel desiderio di scomparire nella sua finitezza, nel suo attimo.
Le religioni monoteistiche hanno utilizzato abbondantemente il racconto della loro natura, del loro “volo”, ma alla nostra Miriam sembra interessare il momento in cui sono (siamo?) caduti, e il perché? Forse, perché accostandosi alle spalle di un uomo morto in croce, hanno condiviso con lui una lacrima? (Antonello da Messina- Cristo morto), forse perché si sono nascosti nel “Fiat” di sua madre? (ibidem- Annunziata); oppure, magari, come ci raccontano Wenders, Gastel, Chagall, il musicista Alban Berg, perché quelle ali sono state d’impaccio quando hanno circondato la nostra umanità? Caduti in volo? Via, “ben atterrati” direi, se con loro è atterrato un sorriso, un invito, una Grazia.
E la nostra Miriam raccoglie, nell’attimo miracoloso del ritratto, proprio questi significati: li accoglie con la coda dell’occhio, in punta di piedi, con la fiducia della bambina e con la consapevolezza della donna. Sono belli i suoi angeli, hanno una loro storia, hanno bellissime chiome, un loro sesso, una domanda sulle labbra per iniziare un dialogo. E la sequenza della immagini si snoda quasi seguendo un ritmo musicale laddove non sai se gli angeli siano gli esecutori di una loro musica o stiano ascoltando i suoni degli altri; magari i suoni che sono proprio il riverbero dei nostri sguardi, di noi che rimaniamo sospesi tra queste atmosfere mistiche, fantasy, (ineffabili?)
Ineffabili? Ma di questo deve parlare la ricerca fotografica: ovvero dell’innamorarsi del visibile, godendo del nostro sguardo ormai capace di capire non solo ciò che gli sta davanti ma anche ciò di cui la sua rappresentazione lo rende capace.
Che dire ancora? La tecnica fotografica è ottima ed è espressa con un’economia di elementi esemplare. La proposta visiva rimane realizzata nell’ambito di un moderno figurativismo senza rincorrere precedenti estetici o concedersi a facili richiami e suggestioni. Tanta pulizia (leggi semplicità) depone a favore della volontà di comunicare e condividere con autentica sincerità quanto realizzato. ”Stay in ” cantavano gli’angeli della mia giovinezza.
 
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