La Plenum - e quindi gli amici Ferro, Martena, Castro - procede nella strategia programmata per testimoniare, a Catania, il concreto interesse per il fenomeno fotografia tout court.
Dopo la mostra ed il seminario di lavoro è la volta della proposta editoriale.
Il talk organizzato attorno alla vicenda artistica e professionale dell’arch. e fotografo Santo Di Miceli, ha richiamato la folta presenza di fotografi interessati alla sua ultima fatica editoriale ovvero “Linea di sponda”, Phtographia Parruzzo editore, €. 25,00.
Ne ha tracciato il curriculum artistico la devota allieva Giada Alù (già nostra socia), sottolineando la precipua volontà didattica e formativa della comune attività; didattica che, peraltro, ha permesso a Di Miceli di trasferire ai suoi alunni l’esperienza culturale ed esistenziale consegnatagli dal suo maestro Giovanni Chiaramonte.
La presentazione del libro ha incontrato, ieri sera, la penetrante, intelligente e simpatica collaborazione dell’arch. Pagliari e del sociologo Colloca i quali, con acume e perspicacia, sono entrati nelle immagini proposte dal Nostro e sono andati, grazie a quelle, anche oltre, penetrando nell’enigma della visione e ragionando sulla sua concreta rappresentabilità.
Da parte nostra, aggiungeremo alle argute e penetranti considerazioni offerte dai due accademici, una constatazione che appare evidente a chi, come il sottoscritto, da tempo segue il percorso artistico di Di Miceli.
C’è un profondo legame tra la ricerca filosofica del mio amico e l’indagine sulla realtà che custodisce con il suo strumento. La rappresentazione che ne vien fuori appare a volte desolata, irredimibile, e la storia, ivi sottesa. deposita tracce di terrore, di paura, di disumanità.
Eppure, di quelle tracce, segnate dall’uomo in un paesaggio di cui ha rifiutato la custodia, Di Miceli risolutamente, con fede, raccoglie il segno, provando a redimere - con lo sguardo che si fa denuncia, testimonianza, “prova muta”- ciò che la storia gli consegna.
Nel gesto fotografico si sintetizza la volontà di esprimersi con forza, di dire la propria idea anche quando l’ apparenza del paesaggio non fa trasparire chiaramente ciò che che dobbiamo redimere, spingendoci, talvolta verso la mera contemplazione..
“Linea di sponda” diventa, allora, un manifesto, un appello fotografico, rivolto a chi cerca la sponda della riflessione e intende “ripartire”, avendo ripreso fiato, avendo atteso l’anima.