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RIFLESSIONI: IMPARARE A SBAGLIARE (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: RIFLESSIONI: IMPARARE A SBAGLIARE
#8887
alb.o (Utente)
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1. Omaggio a Niepce

La fotografia che ho intitolato Omaggio a Niepce
è il risultato di un riesame del mio lavoro di fotografo che ho fatto alcuni anni fa.
Ho dedicato a Niepce questo primo lavoro, perché la prima cosa con la quale mi sono trovato a fare i conti è stata proprio la pellicola, la superficie sensibile, l’elemento cardine chiave di tutto il mio mestiere, che è poi il nucleo intorno al quale ha preso corpo l’invenzione di Niepce.
È una verifica, che è prima di tutto un omaggio, un gesto di gratitudine, un dare a Niepce quello che è di Niepce.
Per una volta il mezzo, la superficie sensibile, diventa protagonista; non rappresenta altro che se stesso.
Siamo di fronte a un rullo vergine sviluppato; il pezzettino che è rimasto fuori del caricatore ha preso luce indipendentemente dalla mia volontà, perché è il pezzettino che prende “sempre” luce quando si deve innestare la pellicola sulla macchina: è un fatto fotografico puro.
Prima ancora che il fotografo faccia qualsiasi operazione, già è avvenuta qualche cosa. Oltre a questo pezzettino che prende luce all’inizio, ho voluto salvare anche il tratto finale, quello che aggancia la pellicola al rocchetto. È un pezzettino che non si usa mai, che non viene mai alla luce, che si butta via, eppure è fondamentale, è il punto dove finisce una sequenza fotografica.
Mettere l’accento su questo pezzetto vuol dire mettere l’accento sul momento in cui togli dalla macchina la pellicola per portarla in laboratorio. Vuol dire chiudere. Anche questa è una presenza fotografica, perché, essendoci ancora appiccicata della colla che fa corpo, la luce in quel punto non passa.

Potrei aggiungere che questo omaggio a Niepce rappresenta trentasei occasioni perdute, anzi, trentasei occasioni rifiutate, in un tempo in cui,come scrive Robert Frank riferendosi al fotogiornalismo, l’aria è divenuta infetta per la puzza di fotografia.


Ugo Mulas

 
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Ultima Modifica: 2014/05/27 19:35 Da alb.o.
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#8909
alb.o (Utente)
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Re:RIFLESSIONI: IMPARARE A SBAGLIARE 9 Anni, 10 Mesi fa Karma: 2  
Ovviamente le Verifiche non si riducono a quanto finora qui pubblicato.

Perché le Verifiche stanno all’interno di queste “riflessioni”?

Le “riflessioni” non sono altro che ragionamenti a voce alta: la ricerca dell’errore, il tentativo di sbagliare, il bisogno di serendipia nascerà pure da qualche motivo più profondo?. Perché parlare di riflessi prima, di errori poi … e se ci penso più a fondo, di maschere, di neri, di progetto e del senso della fotografia oggi? Avrei forse potuto studiare e parlare di altro, ed invece no. Gli argomenti sono questi e tutti correlati tra loro.
Ricostruisci il percorso fatto sinora e come mi piace fare, unisco i puntini (ricordate la settimana enigmistica?) ed a tutto si trova un perché!

Credo che le questioni fino ad oggi trattate siano tutte frutto di un'unica riflessione, figlia a sua volta di uno stesso turbamento di base, del bisogno di trovare una direzione da percorrere, alla ricerca di quella che possa somigliare alla fotografia che mi interessa: tutte sfaccettatura di una stessa medaglia insomma.

Allora le Verifiche di Ugo Mulas del 1972? Io sarei nato l’anno successivo e questo mi tranquillizza ulteriormente. Le Verifiche non sono fuori dal mio tempo...

Da quel momento molti fotografi abbracciarono un certo “ripensamento fotografico”, intendendo la fotografia non più come “unicum privilegiato del vedere, ma come parte di un insieme concettuale e percettivo ben più complesso ed articolato” (Mario Cresci “Future Immage”). Ugo Mulas nelle Verifiche non fa altro che fornire una strada alternativa, rimettendo in discussione dogmi e presunte certezze storiche della fotografia, derivanti dalla cultura fotografica che in Italia si diffondeva attraverso i circoli fotografici amatoriali/professionali. A seguito dei suoi colloqui a New York con Marcel Duchamp, Mulas fa sua la frase del Maestro: “Perché non provi a fotografare per te stesso e non solo per gli altri?”. Ugo Mulas intuì che il fotografo è libero di scegliere, sempre. Il fotografo può decidere di andare oltre il referente, al di là di ciò che vede nella realtà, lasciando spazio al proprio inconscio ed alle proprie emozioni. Libero di “sbagliare” insomma come e quando vuole. Libero di entrare ed uscire dalle proprie crisi spesso generate dalla stessa assenza di regole guida e schemi espressivi precostituiti, collaudati, certi e spesso presi in "prestito" da altri.

Si tratta certo di far tesoro e sfruttare questa possibilità nel miglior modo possibile, senza trascendere in complicati intrecci che finirebbero solo per suscitare disattenzione ed incomprensione, privilegiando il giusto equilibrio tra “cosa” e “come”. Si Pippo, certamente il complesso vince il complicato perde. Il pensiero quindi dovrebbe nascere, nutrirsi ed infine tradursi e sintetizzarsi nella sua fase finale in immagini: ossia in una magia creativa che io chiamo progetto.

Per la prima volta nella storia della fotografia italiana un fotografo aveva intuito che i segni possono anche perdere contatto con il significato delle cose. La fotografia (come altre arti contemporanee per la verità) iniziava a mostrare strade alternative, altrettanto valide da poter essere percorse ed indagate. Il pensiero diventa il fulcro di questo nuovo modo di vedere le cose del mondo attraverso se stessi. Allora non solo il “vedere” ma anche il “sentire” il mondo, liberi, senza vincoli, senza dogmi, senza regole e felici di sbagliare.


 
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Ultima Modifica: 2014/06/17 09:57 Da alb.o.
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#9005
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Re:RIFLESSIONI: IMPARARE A SBAGLIARE 9 Anni, 7 Mesi fa Karma: 2  
in attesa di trovare nuove energie e proseguire scrivendo ciò che nel frattempo in questi mesi è stato approfondito e appuntato nei miei diari sull'errore fotografico, vi segnalo, con non poco orgoglio, un articolo del sempre ottimo Michele Smargiassi… prontamente stamane segnalatomi da Emanuele Canino!


http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it

Mi sono permesso, molto sommessamente, di indicare all'autore la nostra riflessione sull'errore. Sono lieto di comunicare che quanto presente in questi appunti è stato apprezzato con cortesia e disponibilità!

Chissà, magari dovremmo poco alla volta approfondire la nostra riflessione che ad occhio e croce non è ancora neanche a metà… il tema è vasto e dalle mille relazioni che sconfinano su diversi campi della fotografia contemporanea!

Intanto un caro saluto

Alberto

http://www.repubblica.it/cultura/2014/09/02/foto/quel_dito_sull_obiettivo_un_libro_raccoglie_le_foto_sbagliate-94869178/1/?ref=search#1
http://www.kesselskramer.com/news/in-almost-every-picture-13
 
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Ultima Modifica: 2014/09/11 09:40 Da alb.o.
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#9147
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Re:RIFLESSIONI: IMPARARE A SBAGLIARE 9 Anni, 4 Mesi fa Karma: 2  
Scovato anche un articolo di Augusto Pieroni.

lo si trova al seguente link

http://fotxtensioni.tumblr.com/
http://fotxtensioni.tumblr.com/post/103542700720/la-fautografie-di-clement-cheroux-01-2010


La “fautografie” di Clément Cheroux




Alberto
 
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Caristofane (Utente)
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Re:RIFLESSIONI: IMPARARE A SBAGLIARE 9 Anni, 3 Mesi fa Karma: 2  
Ognina, il porto, luogo di una bellezza sciupata e dimenticata dai catanesi. Ci passo spesso di mattina e lo trovo languidamente struggente.
Pensavo stamattina... la sua bellezza, con l'Etna che si profila all'orizzonte, è testimoniata dalle migliaia di foto fatte da turisti, passanti, fotografi e nostalgici vari. Tutte simili, per non dire uguali.
E pensano, ci deve essere il modo di narrare Ognina in modo diverso.
Questo pensiero mi ha riportato all'errore fotografico di Alberto.
I vari Mulas, Moholy-Nagy, etc hanno trattato, studiato l'errore, perché lo hanno fatto? Non certo per il gusto di fare foto sbagliate fine a se stesso. Ma per testare il mezzo, per spingerlo al limite. Così come il pilota pigia sull'acceleratore non per cercare l'incidente, ma per capire fino a che punto può spingere la macchina.
In fondo, una conferma a miei precedenti pensieri. Usiamo la macchina fotografica seguendo delle rigide regole imposte (dai corsi, dai manuali, dall'esperienza, dal programma automatico, che si fa prima). Le regole ci danno la garanzia, la ciambella di salvataggio psicologica, di non fallire. Ma allo stesso tempo ci rendono pigri, prigionieri di quegli standard e ci portano a realizzare indagini sempre uguali. Un po', per rifarci all'esempio della macchina, come se i piloti di formula 1 andassero tutti in fila a 130 km orari, avrebbero sì, la certezza di arrivare tutti a fine gara... ma sai che spettacolo!
Allora testare il limite del mezzo può essere utile, a capire fino a che punto si può accelerare, quando possiamo lasciarci andare fino al limite è quando, invece, è meglio frenare.
Quando possiamo derogare dalle regole e perché.
Serve a farci capire che può esistere un modo diverso di rappresentare il reale e in quali casi può essere usato.
Serve a farci pensare a ciò che vogliamo realizzare e perché.
Serve a farci prendere coscienza di ciò che facciamo.
Serve, ancora, a farci scoprire che usi diversi, dello stesso mezzo, portano a risultati assolutamente diversi e, ancora, quale impressione generano, sullo spettatore, questi diversi risultati. Ad esempio le immagini poco distinte, spesso generano una interiorizzazione personale legata al subconscio dello spettatore (sul tipo delle macchie di Rorschach per intenderci) e conseguentemente impressioni ed emozioni soggettive e a volte molti potenti, ma varianti da individuo a individuo. Non sempre sono gradite, non sempre da scartare, dipende da cosa vogliamo esprimere, comunicare.
In ogni caso esistono un numero non infinito, ma consistente di varianze, esploriamole e impariamo a "guidare" il nostro mezzo, non potrà che farci bene.

Alla prossima

Emanuele

 
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E\' un\'illusione che le foto si facciano con la macchina... si fanno con gli occhi, con la testa e con il cuore.
Henri Cartier-Bresson

Chi non sa fare una foto interessante con un apparecchio da poco prezzo, ben difficilmente otterrà qualcosa di meglio con la fotocamera dei suoi sogni.
Andreas Feininger
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