ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
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La giusta mis(t)ura PDF Stampa E-mail
di Daniela D’Arrigo

Il set è pronto. La macchina fotografica è ben salda sul treppiedi, qualche scatto di prova per scegliere la composizione migliore, la luce più adatta, valutare tempi e diaframmi.
La domenica langue nel suo brodo insipido fatto di ore vuote e strade sonnacchiose.
La modella sono io. O meglio, le mie gambe. Le protagoniste sono loro: le mie scarpe.

Scarpe, di ogni genere. Scarpe sparpagliate “ad arte” intorno a me, un assedio silenzioso e multiforme a cui so di non potere resistere.    
Non è frivolezza né civetteria, e molto di più: è simbiosi.
Questa volta devo farcela. Devo immaginare, materializzare questa unione intima (unione di pelle a pensarci bene ..) tra me e loro, la devo far riflettere, rimbalzare e infine fotografare.
Provo a stare seduta a terra, gambe incrociate, e lo specchio aperto di fronte a me. (…lo specchio aperto … )
Bene, adesso siamo sole, io e loro, le mie scarpe, assieme a decine di fantasmi che vorticano attorno a noi. Dentro di me.
Dodici secondi appena e l’autoscatto interrogherà le forme che si disegnano di fronte al mio obiettivo. Perché questo è per noi fotografare: porre domande alle cose perché le cose ci diano una risposta, ci svelino una relazione, e ce ne anticipino altre,  più nuove,  meno consuete.
Così, scatto dopo scatto, prova su prova, si dipana la mia lunga istruttoria domenicale, il processo che mi vede giudice e imputata: accusata di vanità chiamo tutte loro, le mie scarpe, a testimoni.
Testimoni a carico di cui io stessa, contraddittoria essenza,  amo farmi carico. Insaziabilmente.
Inquadro, corro dentro la scena, la posizione esatta, torno alla macchina, valuto il risultato; cerco di capire ciò che si è perso tra le chiacchiere geometriche degli interrogatori; di corsa per una nuova posa e così, avanti e indietro decine e decine di volte, fino a che ogni cosa, risucchiata dentro le spire del mio obiettivo, non confessa la sua tenera menzogna.
Gambe, gambe nude, gambe che si muovono veloci, gambe statuarie, una sola gamba che sbuca da un angolo del fotogramma. Ed ancora, piedi accanto a scarpe, e piedi che tentano le scarpe, e scarpe che tentano i piedi. Un vortice di appassionata immobilità.
L’emozione, il divertimento, la soddisfazione di vedere lentamente il progetto prendere forma, l’idea trasformarsi in immagine.
Scopro la sensualità nel gioco (giogo?) leggero delle mie ossessioni dove si aggregano il cuoio e la carne, le caviglie e i tacchi alti, il possesso e il desiderio, dove le cose si trasformano in oggetti e questi in passioni. Dove uno scatto, esploso nel silenzio sciapo di questa domenica qualunque, ha trovato la sua giusta misura. Quella delle mie scarpe.
 
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