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Freud davanti al suo ritratto fotografico: “finalmente solo” PDF Stampa E-mail
“Dentro ed attraverso”, di Pippo Pappalardo

freud.jpgL’autoritratto è stato da sempre un banco di prova assai impegnativo per gli psicologi e per gli psicanalisti, specialmente per coloro che applicano tali discipline alle esperienze dell’atto e del risultato artistico. Vasta è la letteratura in materia (qui cito soltanto “Autoritratto, psicologia e dintorni”.Club-Bologna, a cura di Stefano Ferrari, alla cui vasta bibliografia rimando.)

Scrivo questo perché la conclusione del “Contest: autoritratto” è stata contrassegnata da espressioni come inconscio, emozioni, equilibri, affioramenti, analisi: “mi vedo così, vorrei essere così”.

Non essendo uno psicologo attribuisco a queste espressioni un significato generico rispettando ognuna di queste affermazioni in quanto compagne delle immagini proposte.

Ma, diciamolo con sincerità: sapevamo già che proprio questa inquieta rappresentazione avremmo messo su, nel palcoscenico della nostra sede, dal momento che avevamo accettato di autoritrarci non rivolgendo più l’obiettivo verso di noi quanto montando la scena fotografica della nostra riflessione.

La sfida, infatti, non è stata quella di provare ad innamorarci del Narciso scoperto nelle fattezze del nostro volto. Più efficacemente invece l’abbiamo rappresentato non guardando l’acqua che restituiva il suo volto ma riflettendo sul….quadro/visione che andavamo organizzando (e che ci permetteva di capire dove eravamo arrivati con la nostra analisi).

Se ciò è vero (ma è cosa che verificheremo, penso, con pudore e discrezione), giustificato appare il ricorso al linguaggio retorico (richiedete, per vs. gioia, Progresso Fotografico Serie oro/2) per esprimere il nostro ritratto. Le figure retoriche sono, in certa misura, astratte e generali, sicché il messaggio si amplifica (soprattutto emotivamente) sia in fase di trasmissione che di ricezione.

Esemplare, pertanto, la figura del paralogismo nell’immagine che ha vinto (paralogismo come  forma di ragionamento che tira una conclusione da due premesse, una vera l’altra falsa (?) che tuttavia ha la sembianza dal vero, anzi  invita a riflettere); o del paradosso (l’improbabile equilibrio cercato, ad esempio, senza convinzione, tra pezzi ormai rotti); o l’enfasi di certe autocitazioni, o la similitudine trovata in una bolla di sapone; o l’antitesi di certe contrapposizioni (giovane/adulto, sveglio/dormiente, aperto/chiuso); o il chiasmo raggiunto attraverso il mascheramento ed  il capovolgimento; o l’endiade realizzata tra un gomitolo ed il titolo di un libro; ma più comune è stato il ricorso alla sineddoche  ovvero l’alternanza, la sostituzione di un concetto con un altro (barche, matriosche, bussole), alla metonimia ovvero dirsi e fotografarsi conforme ad un gabbiano, ad un gatto, all’ombra di una bicicletta; ed ancora il ricorso alla metafora (la finestra diventa un volto, bolle d’acqua sono elementi costanti di tutto).

Se proprio volessi cercare “sub retorica” la matrice dei nostri autoritratti, onestamente dovrei convenire che l’allegoria, la metalepsi (stravolgimento), con una buona dose di ironia  e di umorismo sono state le vere radici delle nostre scelte.

A questo punto qualcuno mi dirà: ma cosa sono questi paroloni, al più abbiamo trovato dei simboli, degli equivalenti, dei significanti utili al nostro scopo. Ed io rispondo: ma perché, allora, non abbiamo voluto esprimerci più chiaramente? E voi/noi di rimando: perché è più divertente mascherarci quel tanto che ci rende ….. riconoscibili (altro paradosso).

Beh, se è vero che trovando scarpe femminili in giro posso immaginare chi sta nella stanza accanto, o scoprendo una torta mentre sollevo un elmetto scoprirei un cognome concorrenziale, è altrettanto vero, però,  che non sempre una coltre di parole copre il nostro corpo, a volte, anzi, è il contrario (ed addio alla riconoscibilità).

Torna, allora, l’idea della maschera, come rivelazione e come nascondimento. E torna, urgente, il bisogno di fissare un appuntamento col nostro amico/socio psicologo.

Ma prima della seduta, tutti, dico tutti, doverosamente gli ricorderemo che ancora non ci è passata la sensazione di leggerezza e la voglia serena di leggersi con piacere.

Potenza  degli “insiemi”!?

 
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