ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
  • Decrease font size
  • Default font size
  • Increase font size
La ridondanza PDF Stampa E-mail

di Emanuele Canino

La nostra è senza dubbio alcuno una società dell’abbondanza e della ridondanza, nettamente votata al superfluo, ma tant’è …

Anch’io come tanti altri, a volte, esco, macchina fotografica al collo, non perché colto dall’esigenza di comunicare qualcosa, ma solo per il gusto ludico-ricreativo di scattare qualche fotografia. Magari con un substrato edonistico-masturbativo (mi sia passato il termine) di dimostrare a me stesso (e magari ad altri) quanto sono bravo (?). Oppure solo per provare la nuova macchina fotografica, o il nuovo obiettivo, o solamente la nuova tecnica appena letta sul sito o sulla rivista.

Fin qui nulla di male, credo. Tutti questi motivi sono perfettamente validi e rispettabili per dedicarsi ad un hobby tutto sommato sano. Ma cosa fare di questi scatti? Vanno bene come prova, esercitazione o divertimento, ma poi eliminiamoli. Perché intasare gli hard disk e soprattutto assillare amici e conoscenti e noi stessi con migliaia di scatti inutili? Perché lasciare naufragare gli scatti di un qualche valore in un mare d’inutilità? La moderna semplificazione della tecnica fotografica, insieme all’abbattimento dei costi di produzione delle immagini ha portato ad una proliferazione di immagini inutili, superflue, prive di un messaggio e di una motivazione. Anzi non solo inutili, ma addirittura nocive. In questo mare di futilità, infatti, finiscono col naufragare i pochi scatti che meritavano di essere salvati. Faccio un esempio: io sono un fermo assertore dell’importanza delle cosiddette foto di famiglia in quanto le considero la memoria storica di una o più esistenze. Io stesso, come molti, conservo ancora oggi antiche foto di miei avi. Ne ho due o tre in bella cornice. Ma cosa sarebbe accaduto se avessi avuto diecimila foto? Cosa ne faranno i nostri figli e nipoti di questa massa indistricabile di scatti? Finiranno per essere indiscriminatamente distrutti, belli e brutti? Insomma la fotografia è come la scrittura. Posso scrivere delle frasi bellissime, ma se le affogo in un mare di frasi inutili o brutte o senza senso, nessuno le andrà a leggere.
Se la mettiamo in termini economico-finanziari, oggi tanto di moda, potremmo dire che l’eccesso di offerta porta ad una svalutazione del valore delle immagini in senso lato.
Si assiste alla proliferazione di scatti di dettagli insignificanti, mal esposte, mal composte, oppure alle raffiche di decine di foto assolutamente uguali se non per un movimento del sopracciglio o delle labbra (perché il soggetto nel frattempo masticava!).
Allora cosa fare: smettere di fotografare? No non dico questo, ma il termine del discorso si è oggi ribaltato rispetto ai tempi della pellicola. Una volta si economizzavano gli scatti per ovvi motivi di spesa e la selezione avveniva in maniera automatica. Se non eravamo sicuri lo scatto non veniva effettuato a priori. Oggi si eccede all’opposto in quantità, ma bisogna avere la capacità ed il coraggio, una volta tornati a casa di eliminare il superfluo ed operare una dura selezione di quel che rimane. Infine occorre fare ciò che una volta facevano solo i professionisti, cioè coloro che scattavano in gran quantità, cioè catalogare il tutto con attenzione al fine di ritrovare l’immagine che ci occorre al momento del bisogno. Altrimenti le nostre migliaia di scatti saranno del tutto inutili.
Spero di non essere stato ridondante.
Buona luce.

 
< Prec.   Pros. >

Social network

Segui l'ACAF

instagram.png fb-art.png twitter-logo.png
youtube-128.png