ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
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di Pippo Pappalardo

eisenstaed.jpg Mi ero innamorato della sequenza cinematografica che Peppino Tornatore aveva inventato facendo riapparire gli spezzoni di pellicola tratti dai film del suo piccolo eroe, e che il parroco di “Nuovo Cinema Paradiso” aveva censurato.
La ricordate? Il protagonista, ormai adulto, li ritrova scorrendo uno strano filmato montato dall’amico divenuto cieco e consegnatogli, come un passaggio di testimone, affinché le emozioni potessero ritrovare una loro casa, affinché qualcuno fosse ancora pronto a raccontarle. Quella sequenza, per gran parte, raccoglieva celebri baci immortalati in vecchie pellicole in bianco nero e prive di sonoro.
Volli provare anch’io a raccogliere i baci fotografici più famosi e cominciai una ricerca che porto avanti da quasi vent’anni e che, ogni volta che la riprendo, mi provoca intense sensazioni di tenerezza e commozione.  In occasione di quest’appuntamento col Notiziario - prossimo peraltro all’inflazionato San Valentino - provo qui a trascrivere alcuni momenti di quest’avventura. Dapprima cercai nella mia memoria visiva i baci che mi avevano colpito e rammento di avere incontrato difficoltà a collegare le immagini agli autori. Poi, man mano che trovavo ciò che cercavo, capii pure dove dovevo andare a cercare. C’era, infatti, il filone dell’indiscrezione e quello degli ipocriti pudori, c’era quello di carattere pittorialistico e quello di supporto al rotocalco rosa, quello del costume ed altro ancora. Ma non cercavo quei baci.
Io volevo capire come, ad esempio, baciava un uomo come mio padre ed una donna come mia madre, e quale volto e sensazione (la chiamiamo smorfia?) poteva assumere il bacio della loro giovinezza.
E poi compresi, pure, che non stavo neanche cercando questo, quanto le domande della mia adolescenza (cos’è un bacio, perché un bacio, e cosa dovrò provare, e cosa dovrò attendermi?) che solo una fotografia, ferma in un cartoncino, ricostruibile con la ragione e con la fantasia, poteva restituirmi.
Sfogliando tra i miei libri e le mie riviste trovai i baci che cercavo: quelli intravisti nei film, quelli televisivamente fasulli, quelli matrimonialmente imbarazzati e quelli sorpresi, quasi da voyeur, in coppie che si credevano non osservate e che, indirettamente, m’insegnarono come si bacia ovvero conservando una trepidazione, un pudore, un desiderio che pretende di essere scambiato con chi lo sta aspettando come un messaggio.
Tante cose avevo letto intorno ai baci e, dopo tanto leggere, ancora sono  fedele al mio amico Cyrano (e un po’ meno alla sua Rossana) ma quello che cercavo ormai l’avevo trovato nel tempo felice raccolto dai nostri fotografi della cosiddetta scuola umanista (in Francia) e nel realismo fotografico (in Italia).
Ricordo allora, e ricorderete con me, i baci di Doisneau, Izis, Ronis, Boubat, Cartier-Bresson e poi di Berengo-Gardin, Sellerio, De Biasi, Colombo, Giacomelli.
Ai baci di questi voyeur vorrei aggiungere i baci raccolti dalla grande scuola reportagistica americana, da Erwitt, ad Eisenstaedt, ad Haas.
Creai, allora, la mia sequenza che, con un certo successo, ho portato in giro nelle mie “Messe a fuoco” tra i fotoclub, per capire cos’é la fotografia, per comprendere cos’è la vita.
Era una sequenza di baci in diapositive disposte su caricatori di plastica secondo un ordine dato dalla mia fantasia e dai miei sogni. Baci che  avevo fotografato dai libri, alla luce naturale del sole, piegandomi in pose impossibili ed esasperando le possibilità degli obiettivi e del cavalletto. Durante la ripresa, letteralmente baciavo i miei baci. Poi mi regalarono un pratico scanner e il raccogliere foto di baci mi sembrò, quasi, un amore mercenario!
Ricordo pure di avere trovato presso un rigattiere un piccolo libretto francese che racchiudeva un’antologia di fotografie di baci.
E ricordo pure una ragazza che, dopo una mia proiezione, lo volle prestato.
Io, scherzando, le dissi che i baci non si prestano ma si danno. Lei, sorridendo, mi rispose che me lo avrebbe restituito, il libro ovviamente (ed arrossì).
Il libro non mi fu restituito, il bacio neanche a sognarlo, e la ragazza non l’ho vista più (forse, come nella canzone , si chiamava “gioventù”).
Pateticamente ho trovato anche la rima (come in un bacio?).

 
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