ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
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Una balena ci indica la rotta PDF Print E-mail
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di Pippo Pappalardo

Il 20 settembre 2010 le prime pagine dei giornali si sono intenerite per una fotografia ormai trasmessa in tutto il mondo.
Una biologa ha sorpreso una balenottera che, emergendo dopo il parto, stringendolo con la bocca, offre il/al suo cucciolo al/il  primo respiro.
Bel colpo? Sicuramente, ed immagine bellissima perché nuova e perché vera.
Nuova? Vera? E se, invece, mamma balena avesse voluto offrire la sua bella creatura all’attesa del fotografo? Avrebbe scimmiottato Disney e noi l’applaudiremmo lo stesso.Che ne faremo, allora,  di questa fotografia?

Che ne faremo, allora,  di questa fotografia?
La lasceremo nei meandri elettronici di una memoria che non è più la nostra, sperando magari  che domani possa tornarci utile?
Oppure la trasferiremo in una cartella virtuale dove la conserveremo appuntandola con un nome, una sigla, un titolo?
Per adesso sta là, sul piccolo monitor, ferma, in attesa. E l’abbiamo già giudicata. Molto sommariamente. 
Vedremo più avanti cosa se ne potrà ricavare.
Che ne faremo di questa fotografia?
Ne leggeremo ancora  su quei giornali che non parlano più di niente?

Che sono capaci solo di ravvivare le nostre vanità di possesso con l’offerta dell’ultimo apparecchio alla moda?  


Che hanno dimenticato il valore del tempo, dell’attesa, della contemplazione?
Che parlano di un obbiettivo come di una macchinetta del caffé capace di confezionare un espresso senza utilizzare l’acqua o  di fare giungere  gli odori del bancone del bar in un mattino domenicale? Se ne parlate con Lucia comincerete a distinguere.
Che ne faremo di questa fotografia?
La manderemo in quei concorsi dove non è mai cambiato  nulla e dove i giurati si vantano di essere gli ultimi eredi (magari?) di Turroni e C.?
Dove le regole contano più delle novità? Dove per motivare un giudizio si preannunciano sofferenze da parto, da coliche renali, da stitichezza secolare?
Che ne faremo di questa fotografia?
La relegheremo al ricordo di quel periodo della nostra vita in cui eravamo dei “fotoamatori”, scocciatori della domenica,  iscritti al circolo snob, mendicanti di un giudizio artistico, eterni alunni di sconosciuti maestri?
Che ne faremo di questa fotografia?
Cavalcheremo con lei l’avanguardia facendoci prestare parole che non abbiamo mai mangiato?
Oppure ci nasconderemo nel collezionismo e  tra le pagine di rarissimi libri?
Ci allontaneremo dalle mostre? Sorvoleremo sempre più il nome del fotografo intravisto sul settimanale perché ormai, al suo posto troviamo la sigla dell’Agenzia Megarchiviogalattico?
E guarderemo ancora con sufficienza l’apparecchiatura sempre più complicata ed invadente del giovane fotografo di matrimonio o continueremo, teneramente, a nascondere una compattino nello zaino di nostro nipote?
Oppure tramortiremo per l’ultimo risultato i-phone raccolto sul water di chissà dove e trasmesso in tempo reale al malcapitato di turno?
Che ne faremo, insomma, di “questa” fotografia?
Noi  Acaffini di questa fotografia non ne faremo niente.
Al più, una riflessione sociologica, oppure un raccontino divertente.
Ecco, di questa fotografia ne faremo proprio ciò.
E dell’altra, quella nostra per intenderci, cosa ne faremo? Continueremo ad offrirla, come la nostra amica balena.
E quando non avremo più nulla da vedere?
Un nostro amico, qualche anno fa, ripeteva: “quando pensiamo che tutto sia stato visto non ci resta che ricominciare daccapo”.
Personalmente sono lontano dall’avere visto tutto ma tremo di felicità all’idea che  sia sempre disponibile un momento per ricominciare daccapo.
Allora, da dove,  ricominciamo?
 
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