ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
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Re:Fotografia: a che punto siamo? (1 viewing) (1) Guest
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TOPIC: Re:Fotografia: a che punto siamo?
#8603
Caristofane (User)
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Re:Fotografia: a che punto siamo? 10 Years, 1 Month ago Karma: 2  
Ma si, ho capito. E d'altronde conosco bene i tuoi "demoni". Se non altro per la lunga frequentazione di cui mi onori. Solo volevo dire, non a te che già lo sai, ma a quanti ci seguono, che i limiti e le poetiche sono e saranno sempre influenzate dal contesto socio-culturale in cui ci muoviamo e si spostano avanti e indietro come le onde del mare. Hai presente lo scienziato di "Oceano mare" di Baricco, che volendo compilare una enciclopedia dei limiti e confini, non riusciva a trovare il limite del mare?
E in ogni caso, bisogna percorrerli questi limiti, tentare di superarli? Si, se necessario. Per il momento mi è sufficiente intuirlirli, giusto per sapere dove sto andando.
Quello che mi preoccupa del tuo ragionamento, per il tuo bene e per la tua poetica, è che tendi ad essere troppo razionale, tendi a programmare, ad approfondire, a sviscerare... non vorrei restassi imbrigliato in questo tuo programmare come un pesce nella rete.
Ora devi scegliere la tua strada, un continuo approfondimento teorico ed una strada spianata verso un futuro da studioso, critico, storico... o lasciarti un po' andare all'intuizione, all'emozione, alla poesia, fregartene dei limiti e delle norme e continuare a essere, forse anche meglio, un ottimo fotografo. O anche tutti e due, ma con una schizofrenia programmata, se mi passi il termine. Razionale quando sei lo studioso, istintivo ed emotivo quando sei il fotografo. Anche se la zavorra dell'altro io te la continuerai a portare dietro, nel tuo inconscio.
Il mio opinabile pensiero, ma mi confortano in esso i tanti accostamenti della fotografia con la filosofia zen, è che quando fotografi la dinamica dell'azione è talmente veloce che i ragionamenti passano in secondo piano. Quello che agisce è da una parte il tuo bagaglio socio-culturale, dall'altra la tua intuizione emotiva che faranno istantaneamente a pugni finché una delle due non prevale. Tanto più rinforzi la prima, tanto più soccombe la seconda. Questo vuol dire che il vero artista (perdonami se uso questa parola) è ignorante? No, o almeno non necessariamente, perché il vero artista sa superare quanto ha imparato e guardare oltre, ma più forte e la rete culturale più facile è rimanere imprigionato. Più alti i muri del sapere più difficile guardare oltre. Occorre lasciare cultura e programmi un po' indietro per potersi guardare dentro fino a trovare la propria poetica che, per me, è prevalentemente istintuale.
Ma come, mi dirai, hai sempre praticato la cultura e la conoscenza e ora proprio tu le ripudi? Non è un reale rigetto è che man mano che vado avanti mi rendo conto che diventa sempre più facile giudicare e sempre più difficile creare. Questo perché finisco inevitabilmente col portare l'impronta degli autori che ho studiato e amato, perdendo sempre più la mia verginità espressiva. Ora, poiché sono cosciente di non essere un grande artista e contemporaneamente dell'impronta culturale che mi porto dietro, cerco di trarre l'utile da entrambe confezionandomi una poetica sulla base degli stili che amo di più. Ma sono allo stesso tempo cosciente che in questo modo è difficile essere originali e oltremodo superare i famosi limiti. Mi sforzo, se e quando posso, di trovare una visione diversa dalle altre che ho studiato, ma non è per niente facile considerando le infinite poetiche fino ad oggi esplorate dalla fotografia e dell'arte e l'impronta che queste hanno lasciato in me, allo stesso tempo cosciente che questo è un ulteriore limite che mi pongo. Insomma non se ne esce.
A rischio di apparire troppo crociano occorre dividere il sapere razionale dalla poetica intuitiva o si rischia di restare ingessati in un limbo senza uscita.
Anzi proprio parafrasando Croce ti dirò che "il fotografo, oggi, deve non già fare il puro fotografo, ma esercitare un qualche mestiere, e in primo luogo, il mestiere dell'uomo." 
Perdonami il pensiero confuso ma ti scrivo dal telefono mentre viaggio e allo stesso tempo le idee sono in via di maturazione, grazie anche al vostro aiuto. Spero di continuare a contraddirmi ancora a lungo, è così stimolante...


Emanuele




"Il filosofo, oggi, deve non già fare il puro filosofo, ma esercitare un qualche mestiere, e in primo luogo, il mestiere dell'uomo."
Benedetto Croce
 
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Last Edit: 2014/03/09 12:43 By Caristofane.
 
E\' un\'illusione che le foto si facciano con la macchina... si fanno con gli occhi, con la testa e con il cuore.
Henri Cartier-Bresson

Chi non sa fare una foto interessante con un apparecchio da poco prezzo, ben difficilmente otterrà qualcosa di meglio con la fotocamera dei suoi sogni.
Andreas Feininger
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#8604
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Re:Fotografia: a che punto siamo? 10 Years, 1 Month ago Karma: 2  
Aggiungo in mattinata…

Io credo di aver dato solo un nome a ciò di cui tu parli, eppure questo nome fa scaldare gli animi. Anch'io mi scaldo perché anch'io come te appartengo alla categoria dei consumatori e ci ho messo un po' prima di farmene una ragione, perché in fondo non c'è nulla di male…

Mettiamola così.

Torniamo al fatto che tu giustamente sottoponi alla nostra attenzione, ossia che chi scatta una foto sceglie! Sacrosanto.
Io dico che nella maggior parte dei casi è una terribile illusione, ma partiamo comunque dalla tua (e non solo tua) tesi e consideriamola invece un assunto.

Ora per favore, proviamo a rispondere a queste semplici domande sulle masse di immagini che fluttuano tra i nostri pc, tablet e telefonini.

Quanti "selfie" impazzano on line? Sono tutti frutto di una singola scelta, o riconosci che quelle foto sono tutte esattamente le stesse?
Se di singole scelte si trattasse, non trovi quanto meno curioso, che tra le infinite possibilità, abbiano tutti scelto di ri-prendere quella stessa fotografia?
Questo si chiama per me "seguire la moda" del selfie, non certo produrre una propria fotografia.
La foto di quel tipo ha una codifica ben precisa e va fatta in quel modo. Un po' come le scarpe nike… sono quelle e devono essere di quel preciso modello, se non le hai sei out! Però certo resti libero di scegliere il colore, un tempo di personalizzarle ponendo il tuo nome sulla monta (correva l'anno 2001 se non sbaglio), oggi in alcuni casi di scegliere i colori ai singoli componenti in pellame e dei lacci…
Quindi cosa vuol dire che scegli tu?
No, io non credo… Non scegli proprio nulla!
Questa categoria di foto (chiamiamole "foto nike") hanno quindi precisi canoni, stili, schemi che vengono rigorosamente rispettate da tutti (o perlomeno, passami dai più).
Andiamo avanti, con le foto nike, stiamo certamente all'interno di una "ristretta" cerchia di persone e non mi piace vincere facile. Popoppopoppopo, fischietterebbe qualcuno!

Pensiamo adesso alle fotografie scattate nei musei, alle opere d'arte… Leggevo di non so quanti miliardi di fotografie scattate alla Gioconda che vagano in giro per il mondo. Tutte uguali anche quelle! Anche questa categoria di foto, che possiamo chiamare "foto Gioconda", sono fotografie che hai scelto di scattare tu, per libero arbitrio, o sono solo frutto di scelte apparenti?

Saliamo ancora ed alziamo l'asticella.
Pensiamo di avere un meraviglioso tramonto di fronte a noi. Hai un telefonino e scatti una foto. Eccolo il tramonto sul mare. Ne ho anch'io gli HD pieni.
Secondo te ho scelto io di farla o mi sono solo ubriacato di milioni di immagini uguali immagazzinate con il tempo nel mio cervello, che mi hanno portato a fare quella foto piuttosto che comprare una cartolina dello stesso tramonto in vendita nell'edicola di fronte? Vogliamo chiamare questa categoria di foto "foto cartolina"?

Alziamo ancora l'asticella, vogliamo andare alle nostre foto di viaggio… Sai già cosa penso! Ne abbiamo parlato fino all'infinito! Belle foto, forse un po' più difficili da scegliere tra quelle posibili da prendere, perché frutto di tanti anni di studio, ma sono davvero le mie? Sono davvero le tue? Sappiamo distinguere o decidere quali sono le foto mie e quali no? Senza parlare poi di alcune foto identiche tra noi componenti dello stesso viaggio (inevitabili purtroppo, ma nel nostro fortunato gruppo limitate al minimo sindacale). Siamo tornati a casa con migliaia di foto, al ritmo di 300/400 foto al giorno per 13 giorni… Quante fotografie puoi dire essere tue e di nessun altro… Pensa alle nostre famose top 5… sono davvero nostre? Ci giureresti?

Ora ti dico che le stesse considerazioni le puoi fare anche tra foto ancora più difficili da prendere (forse): le foto di professionisti. Vogliamo parlare delle foto documento? Delle foto che vincono premi? Delle foto dei concorsi importanti (ai quali provo a partecipare anche io, attenzione, mica dico che io sono esente dal consumo)? Vogliamo parlare dell'esempio da te stesso riportato dal blog di Agresti? O della foto di Minnella che Sellerio ha detto essere stata copiata da una sua foto?

Fotografie nike, cartoline, Gioconda, viaggio, glamour, pornografiche, foto blasonate e quante più ne vuoi meglio è, sono tutte foto prese come al supermercato. Ad ognuno il suo, quello che si merita… più o meno evoluto a secondo del proprio studio, delle proprie abilità e della propria intraprendenza e della propria sensibilità! La cultura fotografica, ti consente di entrare in uno piuttosto che in un altro supermercato...

A questo punto mi aspetto una giusta osservazione. Ma insomma quali foto allora sono esenti da questo peccato originario… Tirando in ballo anche i grandi ed i grandissimi non credi di generalizzare un po' troppo e far annegare tutta la fotografia e la sua evoluzione nel mondo dei consumi?

No. Non lo penso!

Ed allora quali fotografie salvo?

Sono meno drastico di Ando Gilardi (e non solo rispetto a lui) non salvo solo quelle che "si riescono a vendere" (solo quelle che si vendono diventano infatti produzione fotografica, diventano ballerino su palco che vende il suo spettacolo), e non so quanto di provocazione c'era in quella tesi. Io salvo tutte quelle foto che nascono da dentro di noi stessi, frutto di un'idea precisa, di un progetto (che possa formarsi prima dello scatto, o mentre si sta scattando, non cambia nulla), salvo le foto che parlano di argomenti futili o no, purchè reali, reali ma non inflazionati e ripetuti all'infinito nel tempo al solo fine di strappare l'applauso! Io salvo la sincerità e la poesia. Ecco perché dico, che in un lavoro fotografico prima di giudicare, bisognerebbe conoscere anche il fotografo, per poterlo comprendere a fondo (sempre che se ne abbia tempo e voglia, non è un obbligo per nessuno). Il resto è consumo (per me) e non lo tollero più, mi annoia, non mi diverte se degli altri… mi diverte se mio, solo perché diventa pretesto per passare con amici momenti sereni, leggeri, ed in alcuni casi indimenticabili!

Ricordi quel lavoro fotografico di viaggio di quel ragazzo di Enna che si era appena iscritto al corso base e che aveva montato una serie di fotografia in sequenza dei suoi incontri di viaggio? Ecco quello lo continuo a salvare e lo salverò in eterno! Peccato non essere io colui che è disposto a queste funzioni, ma tant'è!

Scusate… ma la nottata ha portato consiglio su come spiegarmi ancora meglio!

Ovviamente di opinioni personali si tratta, stiamo solo discutendo di ciò che amiamo: la FOTOGRAFIA… Non ci sono vincitori e vinti, ma solo scambi di idee tra amici!

Buon Domenica
Alberto
 
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Last Edit: 2014/03/09 15:43 By alb.o.
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OOps abbiamo scritto contemporaneamente…
Asp ti leggo e ripasso!
 
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Ecco ti ho letto…

Della frequentazione sono onorato anche io… Spesso durante le nostre discussioni mi sembra di ritornare ai tempi dell'università ed è una magnifica sensazione!

Ma bando alle smancerie… siamo qui per discutere di cose serie, anzi serisssssssime!!!!

Il punto è chiaro. Mi rendo conto che le apparenze ingannano. Non so per quale motivo (anzi lo so è quell'ing. che sta prima del mio nome) vengo spesso scambiato per una macchina, un cubetto di pura razionalità. Poi condisco il tutto con discorsi su progetto e progetti che tanto clamore ha destato nel recente passato, ed il gioco è fatto (etichetta stampata ed appiccicata)…
Emanuele, amico mio, io questa mia conflittualità tra ragione e sentimento l'ho superata molti anni fa, quando ho capito che non erano tra loro antagoniste, ma caratteristiche complementari.
Se ti sembro, come ti sembro, prova a pensare cosa sia successo quando nel 1995 dopo 4 anni di studi in ingegneria, mi sono ritrovato improvvisamente catapultato in una facoltà straniera di Architettura… Beh! Li ed in quel momento della mia vita si che ho faticato a capire come vincere "il mio doppio", finché ho capito che questi due signori non erano avversari, ma grandi amici, anzi se ragione riesce a mischiarsi a sentimento (per quella che è la mia esperienza personale) ti dico che il connubio diventa vincente. Da quell'anno ho studiato altri 2 anni Architettura in Inghilterra ed 1 in Spagna, prima di ritornare e ripiombare in altri 2 anni di studi in ingegneria a Catania, affinando ancor di più questa convivenza tra presunti galli dello stesso pollaio.

Per me è sinceramente naturale far prevalere un aspetto rispetto all'altro secondo quali frangenti sono chiamato a vivere. Lo stesso, vale per la fotografia. Anzi è un po' più facile, visto che di passione si tratta. Lo dico da tanto, ma è come se non venga mai preso sul serio. L'avere un progetto (e quindi studiare, impostare, pianificare, programmare), non mi toglie assolutamente nulla rispetto a quando con la macchina fotografica in mano mi sposto tra i miei sogni.
Nulla assolutamente nulla.
Il mio sentimento ed il mio istinto in fase di scatto non vengono minimamente trattenuti (forse non sono bbastanza, ma questo è un'altro discorso)…
Mai in conflitto tra loro, salvo quando non ho voglia di fotografare, ma quello capita a tutti, basta fare una pausa e poi passa tutto.
Se ci pensi bene è un po' quello che diceva Cartier Bresson, quando parlava di occhio, anima e cervello.

Se non riesco a liberarmi dei miei "demoni" come dici giustamente tu, non è per questo conflitto che non esiste, ma probabilmente e semplicemente perché ancora sono scarso e devo migliorare… E su questo sto lavorando, studiando e sviscerando quando c'è da studiare, fotografando magari selezionando sempre più i soggetti da riprendere e riducendo gli scatti inutili, quando c'è da fotografare!

Poi tempo al tempo! L'unico cruccio Emanuele, ammettiamolo pure, siamo grandini per aspirare a chissà quali miglioramenti, ma a maggior ragione per sopperire a quel tempo mancante, io schiaccio il pedale dell'accelerazione sullo studio! Vedrai che alla lunga aiuta!
Nella peggiore delle ipotesi, diventiamo sempre più schizzinosi sul mercato delle foto da "prendere", dove andare a fare la spesa!

Fa' buon viaggio…




PS Se ci pensi un po' e fai il punto della situazione rispetto a da dove siamo partiti, ti accorgerai, che questa discussione come altre, insieme alle nostre foto nel tempo, stanno già tracciando poco alla volta una direzione verso cui siamo diretti… E' come il gioco della settimana enigmistica, devo solo unire i puntini… Beh! Almeno parliamo del nostro percorso! Unire i puntini della fotografia in senso lato è un po' più lungo, ma nessuno esclude che sia possibile farlo… ne vale davvero la pena?
 
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Last Edit: 2014/03/09 15:40 By alb.o.
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Re:Fotografia: a che punto siamo? 10 Years, 1 Month ago Karma: 0  
Ciao Alberto

Quando dici che in Nepal ti sei ritrovato a fare un esercizio stilistico alla NG… io non ti credo. O meglio, forse lo credi sul serio, ma secondo me è una risposta posteriori che ti sei quasi imposto.
Io credo che semplicemente in Nepal hai fatto del tuo meglio, cercando una tua fotografia, un tuo stile… che forse - da quel che leggo sul tuo dire di aver solo consumato fotografia - non hai ritrovato. E magari il lavoro che è uscito fuori è la tua visione del Nepal, ma non la tua interpretazione e reinterpretazione del Nepal.
Una reinterpretazione che invece ho visto nelle tue visioni metropolitane.
Ora, cosi, d’istinto mi verrebbe di pensare che tu nelle metropoli ci hai vissuto un bel po’, le hai assimilate, senza nemmeno pensare alla fotografia. Ed hai interpretato un aspetto di esse e le hai reinterpretate attraverso uno stile.

In Nepal e in India cosa non è andato?
Io credo che la risposta tu la conosca già, l’hai persino detta in questo topic. Forse non c’era un progetto. Quella parola che ben distingue il fotografo occasionale da chi respira di fotografia. E bada bene che non ho detto tra fotoamatore e professionista.
Ma la parola progetto anch’essa è equivocabile e soprattutto deve basarsi su un qualcosa che forse ti è mancato a livello personale nelle brevi esperienze in quei due paesi. Altrimenti le tue idee di progetto, a cui si può pensare da casa, una volta arrivati li… crollano in un pozzo di cliché stilistici ed estetici.

Non bisogna rincorrere uno stile, è meglio che siano le idee a rincorrere noi.
Alec Soth è un affermato fotografo Magnum. Potrei affiancarti tre libri suoi e non riconoscere che siano fatti dallo stesso autore.
Alex Webb - per esempio - ha un suo stile, ha una sua reinterpretazione della strada… ma poi? Così ci lascia dopo quel bellissimo “oooh”.
Il Cake Design non per forza è un pasticcere. Resti estasiato dell’estetica della torta. Ma io ho fame.
Rivedere ogni volta certi libri mi sazia, altri invece mi fanno fare solo “oooh” la prima volta.

Steve McCurry è un fotografo che si sa, piace ormai più ai fotoamatori che ai professionisti. Anzi: più al fotografo occasionale che a quello che respira di fotografia. Perché in fondo non è che un maestro tecnico ed estetico della fotografia di viaggio. Ma basterebbe un rigo per scrivere le didascalie delle sue foto. Perché sono foto che si risolvono all’interno del frame.



Quando poi dici che tu sei stanco solo di divertirti e consumare… beh, ben venga!
Ha ragione Emanuele quando dici che rischi di restare imbrogliato nella matassa a furia di trovare la tua via. Ma non per questo devi dimenticare dell’Alberto teorico quando vai a scattare.
Perché altrimenti ti imbrogli ancora di più, perché una volta finito l’entusiasmo post-foto, torni ad essere l’Alberto razionale che sei critico con te stesso.
Allora, magari prova nuova strategia nei progetti. E non intendo luci, composizioni, stili, colori, e tutte quelle belle decorazioni da cake design.
Prova a pensare a nuove ricette con cui prepare il Pan di Spagna e la crema.
E a quelle ci devi pensare a casa, in treno, durante un tè, penna in mano, i progetti per me iniziano sulla carta, e vanno li sviluppati per tempo, insieme ai primi approcci fisici, senza nemmeno far foto.
C’è un po’ di Jordi in questo. Ma non lasciamoci cullare troppo da tesi romantiche alla Bazan.


Naturalmente è solo il mio punto di vista, il modo in cui nell’ultimo anno sto cominciando a vedere la fotografia. Ma credo sia importante che ognuno definisca la dimensione a cui si vuole adeguare e cimentare. Il tutto viene di conseguenza.
Senza dubbio la tua fotografia del Nepal è una fotografia che ad una dimensione va più che bene, ma secondo me la tua voglia di fare, il tuo carattere, come dimostrato dalle esperienze universitarie, sono tali che non ti basta. E giustamente sei critico con te stesso, sentendoti solo di aver consumato senza produrre.

Unico consiglio che mi sento di dare da chi si approccia solo adesso ad una formazione fotografica: meno paranoie si, ma non abbandonare quello in cui teoricamente credi. Non puoi prendere in giro te stesso se credi in qualcosa.
Tanto da te stesso non ci scappi. Rilassati, e col tempo lavora all’anello di giuntura tra la tua pratica e la tua teoria.


ps: meno workshop, più festival di fotografia (ti aspetto a Fotoleggendo a Giugno?)
 
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Re:Fotografia: a che punto siamo? 10 Years, 1 Month ago Karma: 2  
Innanzi tutto chiedo scusa se la discussione sta prendendo una piega personale, invece che generale sulla fotografia. Come spiegato però, la direzione della Fotografia oggi in senso lato, per me ha senso solo se in riferimento alla direzione verso cui ognuno di noi vuole muoversi.

Fatta questa doverosa premessa, ringrazio Simone per le sue dirette osservazioni, che mi trovano in assoluto accordo!

Concordo infatti sul distinguo tra fotografia aperta e fotografia chiusa e che tra le due vi è un grande distinguo all’interno del quale si annida la differenza tra chi lavora a progetto e chi no! L’una non è migliore dell’altra, ma è l’approccio sul modo in cui si fotografa che si differenzia tra le due (oltre che il risultato finale, ovviamente). Spesso chi sviluppa un’idea ed un progetto non ricerca la foto chiusa (esistono tuttavia diverse eccezioni), ma ricerca una serie di foto aperte attraverso le quali si possa veicolare il proprio pensiero.

E’ certo, ed hai ragione, le metropoli le conosco meglio e riesco ad andare e tornare con molta facilità, ho quindi più progetti aperti sull’argomento e su cui lavoro da parecchio tempo ormai. Conosco l’argomento anche dal punto di vista professionale e riesco con maggior concretezza ad individuare e ricercare i pezzi che servono per trasmettere il mio pensiero, più o meno come quando devi comporre un puzzle. Per i luoghi meravigliosi sconosciuti, invece, dove mi piace andare per qualche giorno e nei quali non è detto che riuscirò a visitare ancora, le cose sono diverse. Difficile pensare a qualcosa da dire su qualcosa che non si conosce a fondo e che sai non avrai il tempo di approfondire in loco. Allora che fai? Le strade sono due. O ci torni e ritorni, finché quella realtà diventa tua, finché inizi ad avere un propria opinione e qualcosa da dire, o resti in superficie, colpisci e scappi e cerchi di chiudere solo alcune foto slegate. Al ritorno sei costretto quindi a fare altre considerazioni: guardi le singole foto, discuti sulle singole fote, provi semmai a raggrupparle insieme per temi, per assonanze, per colore, per data di scatta, per luogo, etc. Da qui la mia insoddisfazione, legata quindi alle foto, non all’esperienza viaggio, alla compagnia ed alla condivisione di quei momenti. Quelle singole foto, nascono senza un disegno originale e pertanto è solo la tua cultura fotografica a guidarti, il tuo istinto, il tuo cuore… il risultato è che le contaminazioni si fanno sentire e come, ed allora finisci per cadere nel tranello. Il tempo è poco, la curiosità tanta, la sorpresa enorme… insomma “l’acqua e poca e la papera non galleggia”! Credo che per me funzioni così, che poi è più o meno come dici tu!

Quando hai un’idea, un progetto (studiato prima a tavolino) ragionato, con obbiettivi le cose cambiano e subentrano altri fattori. La coerenza di linguaggio all’interno del progetto è un aspetto, devi poter avere la possibilità di tornare e ritornare alla ricerca di ciò che ancora manca, di ciò che ancora non ti soddisfa, lo sviluppi col tempo insomma ed io personalmente ne godo di più.

Concordo ancora con te, sulla questione dello stile, perché uno stile preciso, sempre uguale per ogni progetto? Ne abbiamo parlato tante volte! Il principio di essere sempre riconoscibile attraverso il “proprio stile” oggi per me più che un pregio è un grosso limite… La questione del “perché io vedo così” quando si nasconde dietro ad una mancanza di volontà nel studiare altri sistemi e metodi, di sperimentare, accontentandosi dell’unica cosa che si sa fare, che è spesso la prima che si è imparato a fare (es. la crociata contro il bn a tutti i costi) non funziona, non serve, è un enorme limite. Devi avere più frecce al tuo arco e man mano scegliere quel che serve per meglio spiegare il tuo punto di vista. Il linguaggio deve essere a servizio del messaggio che vuoi recapitare. Se ti ostini a mantenere lo stesso linguaggio, sempre ed ad ogni costo per essere sempre riconoscibile, alla lunga a mio avviso rischi per “consumare” te stesso, rimanendo proprio schiavo della tua foto riconoscibile.
Sull’ultima questione, forse mi sono espresso male. Una volta che hai l’idea ed il progetto, è chiaro che quando vai a fotografare segui quelle indicazioni su cui hai lavorato. Spesso in questo semplice rapporto di causa ed effetto alcuni vedono costrizione e non liberazione. Giancarlo Torresani un girono ad un seminario disse: “il progetto libera il fotografo”. Lo sostengo, lo credo, lo vivo. Ed allora parlando di ragione e sentimento, fotografare tenendo ben a mente il progetto, vuol dire semplicemente fotografare scegliendo, ciò non toglie che se fotografo le metropoli, ma mi si para innanzi un Extra Terrestre, d’istinto lo fotografo lo stesso e non guardo prima se all’interno del mio progetto era incluso oppure no. Non vivo conflitti tra razionalità e sentimento, anzi come detto io li ho sposati entrambi.

In fine, e concludo, nel mio precedente scritto, ho fatto l’elenco delle foto che “salvo”… Simone scrive che “l’importante è che ognuno definisca la dimensione a cui si vuole adeguare e cimentare. Il tutto viene di conseguenza”. Io credo di volermi muovere certamente tra le categorie e le direzioni delle fotografie che salvo, ma la dimensione esatta, la strada precisa, purtroppo ancora non l’ho chiara e su questo sto lavorando.


“Non bisogna rincorrere uno stile, è meglio che siano le idee a rincorrere noi”.
(…)
”Prova a pensare a nuove ricette con cui prepare il Pan di Spagna e la crema.
E a quelle ci devi pensare a casa, in treno, durante un tè, penna in mano, i progetti per me iniziano sulla carta, e vanno li sviluppati per tempo, insieme ai primi approcci fisici, senza nemmeno far foto”.
(…)
”Unico consiglio che mi sento di dare da chi si approccia solo adesso ad una formazione fotografica: meno paranoie si, ma non abbandonare quello in cui teoricamente credi. Non puoi prendere in giro te stesso se credi in qualcosa.
Tanto da te stesso non ci scappi. Rilassati, e col tempo lavora all’anello di giuntura tra la tua pratica e la tua teoria.”

(op.cit. Simone Sapienza)


SOTTOSCRIVO!!!!


ps: organizziamoci Fotoleggendo a Giugno
 
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